Intervista al ministro delle Comunicazioni Gentiloni (foto) di Maria Grazia Bruzzone tratta da “La Stampa”
Nello stesso giorno in cui è arrivata la bocciatura Ue dei sussidi ai decoder. Berlusconi la attacca dicendo che il suo ddl è un progetto criminale.
«Ho l’impressione che le regole di un mercato libero gli facciamo perdere la testa».
Siamo di fronte a coincidenze curiose, ministro.
«Forse c’è un segno del destino. Il ddl praticamente riscrive la strategia italiana verso la tv del futuro e, nello stesso giorno, viene sanzionato il fallimento della precedente impostazione: un simbolico punto di svolta. Anche se, come esponente del governo italiano, la condanna dell’Ue non mi fa certo piacere. Per quanto ampiamente prevista, perchè la scelta di finanziare i decoder violava la neutralità tecnologica».
Vuol dire che favoriva alcuni a scapito di altri?
«Lo ha stabilito l’Antitrust europea, non io. Quel che è più più triste è che questa forzatura delle regole della concorrenza è stata anche poco utile. Nonostante gli oltre 400 miliardi di vecchie lire profusi nei sussidi, la tv digitale terrestre in Italia è ancora molto indietro. Forse qualcuno pensava che noi guardassimo i decoder…».
Forse qualcuno pensava che sarebbero serviti a guardare le partite di calcio.
«Infatti. E questo certamente ha favorito alcune imprese».
Imprese come Mediaset, La 7, Fastweb, ma anche Rai, che ora dovranno pagare. Quanto? Il governo verrà loro incontro?
«Non la Rai, perchè la commissione impone il rimborso, proporzuionale a quanto hanno beneficiato, solo alle emittenti di tv digitale che hanno fornito programmi a pagamento. Stiamo parlando di 200 milioni per il 2004 e 200 per il 2005, da versare allo Stato. Difficilmente potremo disfare una decisione dell’Ue».
I sussidi dovevano in teoria favorire il passaggio di tutta la tv analogica al digitale nel 2006. Invece è saltato tutto.
«Era uno dei pilastri della legge Gasparri, che prevedeva di superare le sentenze della Corte Costituzionale – che avevano definito il nostro sistema tv incompatibile col pluralismo e segnalato la necessità di tornare al limite di due reti per ogni operatore – con lo spegnimento della tv analogica al 31 dicembre scorso, che avrebbe provocato un “effettivo arricchimento del pluralismo”. Era stato fatto perfino un decreto per consentire a Rete 4 di non migrare sul satellite, come chiedeva la Consulta».
E adesso?
«Oggi tutti possano constatare che questa ipotesi era avventata e forse anche strumentale. Come paese ci ritroviamo a riprendere il filo del discorso a prima della Gasparri. Il senso del provvedimento del governo è proprio questo: accantoniamo i pilastri crollati della Gasparri e rimettiamo le cose sui binari giusti, prevedendo una transizione possibile verso il digitale».
In questo vuoto non c’è il rischio che la Consulta emetta una nuova sentenza?
«Visto che la Corte ha ripetuto sentenze analoghe per quasi 10 anni e che lo stop costituito dal previsto passaggio al digitale è venuto meno 25 giorni fa, se qualcuno riproponesse il quesito alla Corte, il rischio c’è. Il mio ddl ovviamente risponde anche a questo problema, perchè prevede non il rinvio al satellite ma il trasferimento anticipato al digitale di una rete Mediaset e Rai. Ma ad incombere oggi è una nuova condanna Ue».
Un’altra? E per cosa?
«La Commissione contesta la Gasparri per le barriere all’ingresso di nuovi operatori, legate alla disponibilità di frequenze. Siamo in mora».
Allora vi dovete sbrigare.
«L’iter è cominciato dopo 100 giorni dal varo del ddl in Consiglio dei Ministri. Mi aspetto disponibilità al confronto».