Il bando d’asta per l’assegnazione delle frequenze WiMax è stato reso noto dal ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni. Per chi fosse stato sulla luna negli ultimi due anni, il WiMax è una tecnologia che consente di coprire vasti territori con una singola antenna, e richiede investimenti molto limitati rispetto ad altre tecnologie, anche wireless. Nello specifico, questa novità tecnologica permette di trasmettere a 50 km di raggio, con un’antenna molto piccola. Negli altri Stati, come in Francia, sono stati posti rigidi paletti nei confronti di aziende che avrebbero potuto speculare e divenire monopoliste (dal momento che il bando prevede concessioni provinciali o regionali di durata decennale che assegnano l’esclusiva su un determinato territorio) ed, inoltre, il prezzo d’asta è stato volutamente lasciato a quote molto basse, per permettere la partecipazione al bando anche a nuovi attori del settore. Gentiloni, incerto su quale fosse la miglior strada percorribile, ha scelto la soluzione di mezzo, vale a dire: prezzo d’asta basso, come in Francia (45 milioni di euro), ma nessun paletto ai “lupi cattivi” delle frequenze. Il risultato è la solita italianata, con i più forti operatori del settore, Telecom Italia in testa e Vodafone, Wind e H3G a inseguire, cui difficilmente qualcuno impedirà di monopolizzare le frequenze. E, per di più, a prezzi bassissimi. Considerando la durata delle concessioni, 10 anni, si creeranno probabilmente dei monopoli legali e locali, per di più con una tecnologia del WiMax aperta non proprietaria e su un bene comune come l’etere, che tecnicamente consentirebbero un regime di concorrenza fra operatori. Con la conseguenza che le frequenze pubbliche dello Stato saranno consegnate su un vassoio d’argento a coloro che in questi anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo nell’etere telefonico italiano, con il risultato che l’Italia si trova a dover fronteggiare: un digital divide che non si riscontra nemmeno nei Paesi in via di sviluppo, che la colloca, in quanto a tecnologia, agli ultimi posti nell’Europa allargata a 27 nazioni. Senza, poi, contare gli scandali che hanno visto protagonisti alcuni di questi operatori. Gentiloni ha giustificato questa mossa arguta ricorrendo al mito della libera concorrenza che alza la qualità del mercato: “Per incrementare la competizione nelle telecomunicazioni”, ha detto. Certo, è una mossa innegabilmente furba: incrementare la competizione in un settore che si avvia, per nostra sfortuna e per l’incompetenza dei nostri delegati istituzionali, a diventare monopolista. (Giuseppe Colucci per NL)