da www.comunicazioni.it
“Non vorrei, però, che tutto si risolvesse ora in degli apprezzamenti di circostanza. Prenderei al volo questa occasione per cambiare il modo di rappresentare la politica. Quello attuale fa male alle televisioni e fa male a noi, alla politica stessa».
Intanto si potrebbero tagliare i tempi. Meno politici sullo schermo e più fatti.
«E´ senz´altro un bene che i telegiornali italiani e i quotidiani si occupino di politica più che in Francia o Germania».
Che cosa non le piace, allora?
«In Italia succedono cose sconosciute negli altri Paesi. Intanto c´è il “pastone”. Ancora e sempre lui. Tutti i giorni, tutti i telegiornali mostrano politici di maggioranza e opposizione che parlano dieci secondi ognuno. Offrono battute, spesso raccolte dai cameramen. Neanche dai giornalisti».
Battute, lei dice. Ma un telegiornale dura 30 minuti, forse non è possibile concedere più spazio alla politica.
«Non è un problema di spazio o di tempi. E´ la formula che non funziona. Siamo ormai alla Tribuna Politica concentrata in pochi soundbite. Tutto questo esprime il massimo della frammentazione e della litigiosità dei partiti. E fosse solo questo…».
Non è solo questo.
«Non mi piace – aggiungo – il politico che va in televisione per parlare della qualunque, di diete, dell´ultimo delitto, del concorso di bellezza. Quasi fosse un aspirante Vip, sempre in caccia di un´ospitata».
Lei dice: tutti i telegiornali. Possibile che non ci sia una sola oasi protetta: il Tg1 di Riotta, i telegiornali della 7…
«Sono primi tentativi di uscire da questa condanna. Mi auguro che le parole di Giorgio Napolitano spingano ancora più in là, ad abolire il pastone almeno in qualche edizione».
Solo tre giorni fa, in Senato, i politici hanno mandato un preciso segnale agli amministratori della Rai. Il messaggio delle diverse mozioni in discussione era: sulle nomine e nella conduzione aziendale, dovete agire come vi diciamo noi. Solo tre giorni dopo, ecco Napolitano bacchettare i politici, indispettito forse dalla loro pretesa di dominare la televisione pubblica. Condivide questa interpretazione?
«Il presidente dice quello che dice, e non ha bisogno di interpreti. Certo, Napolitano ha a cuore l´autonomia della Rai. Questo è indubbio».
Autonomia, certo. Lei ha scritto una proposta di riforma della Rai che vorrebbe liberare Viale Mazzini dal controllo asfissiante della partitocrazia. Ma il testo non avanza, in Parlamento.
«Non capisco il perché. In Senato, tre giorni fa, politici di ogni segno hanno invocato l´indipendenza della Rai. Ho letto sul vostro giornale poi che Pierferdinando Casini, leader dell´Udc, condivide la mia idea di una Fondazione proprietaria della Rai. Scenario che lui collega alla privatizzazione di RaiUno e di alcuni canali digitali e radiofonici…».
Perfetto: ci sono dunque i voti per procedere.
«Abbiamo un´occasione per cambiare le regole: senza cambiarle, è inutile poi invocare l´autonomia. Il governo, intanto, non deve più essere l´azionista della Rai. Il vertice di Viale Mazzini non deve più essere espressione automatica dei partiti. Il nuovo sistema di governo permetta, viceversa, efficienza e dinamismo industriale».
Problema. Walter Veltroni, candidato alla guida del Pd, ha appena proposto una riforma – dice lui – più audace: fuori il consiglio di amministrazione, dentro un amministratore unico. La riforma Gentiloni rischia di suonare già vecchia, superata?
«L´idea di Veltroni viaggia nella direzione giusta: meno partiti, più autonomia. La parola va ora ai politici di buona volontà, a quelli che predicano l´indipendenza del servizio pubblico e che poi vorranno anche garantirla. Possono votare il mio testo e perfezionarlo, laddove necessario».
In ogni caso, ci vorranno settimane, mesi. Intanto l´Unione ha in Rai il presidente, il direttore generale, la maggioranza del consiglio. Non avrete un po´ esagerato?
«E´ la conseguenza della legge attuale, della Gasparri. Trovo curioso che se ne lamentino i partiti che ci hanno imposto quelle regole. Peraltro non vedo pulpiti da cui impartire prediche. Negli anni scorsi, la Rai è stata spesso in mano a monocolori di maggioranza. Una maggioranza non estranea alla proprietà della principale emittente privata del nostro Paese».
Avanza invece il suo altro disegno di legge, che vorrebbe redistribuire la pubblicità televisiva e le frequenze. E´ la volta buona?
«La prossima settimana, le commissioni potrebbero approvare il testo, che arriverà in aula alla Camera a metà ottobre. Ringrazio la maggioranza per questa prova di coesione. Prendo atto che la riforma dell´Auditel, contenuta all´articolo 4, ha preso forma in un clima di dialogo con An e Udc. Spero tutti abbandonino il muro contro muro».
E sempre a metà ottobre il consiglio Rai potrebbe darsi alle nomine e cambiare i direttori di RaiUno e RaiDue…
«Non ci occupiamo di queste nomine, al governo. Alla sua domanda, quindi, non ho risposta».
Intervista di Aldo Fontanarosa tratta da “la Repubblica”