Non per infierire sul povero ministro Gentiloni (nella foto sorridente, in tempi migliori) che in questi giorni di gatte da pelare ne ha molte, tra alcuni Ispettorati territoriali che regalano a lui magre figure e al suo dicastero la peggiore pubblicità possibile, tra il sogno di una riforma della disciplina del sistema radiotelevisivo che potesse portare il suo nome e che rischia invece di trasformarsi in un incubo e, soprattutto, tra le contraddizioni e gli imbarazzi di un governo ormai ombra di se stesso. Non per infierire, dicevamo, su un ministro che, in verità, piuttosto che proclamarsi prosaicamente come il salvatore dell’etere radiotelevisivo italiano e del pluralismo informativo, ben farebbe ad occuparsi più concretamente dell’emittenza locale solitamente bistrattata (come dimostra la polemica che sta montando in questi giorni in Lombardia a riguardo di alcune infelici iniziative del suo Ispettorato), ma come possiamo non dare conto di quel che scrive il quotidiano Italia Oggi in data 29/05, in prima pagina? “Avete mai visto un ministro che si dà da fare per stornare una somma dalle sue competenze di spese per attribuirle a un altro ministero?” inizia la seguitissima rubrica Diritto&Rovescio. “Beh, c’è. E’ Paolo Gentiloni, ministro delle comunicazioni. Più che un generoso è un prestigiatore. Nella Finanziaria 2007 le radio avevano ottenuto il 15% (e non il 10% dell’anno precedente) dei contributi all’emittenza locale (il resto va alle tv). Gentiloni ha chiesto in consiglio dei ministri, che quel 5% in più dei contributi pubblici venga trasferito, dal suo ministero, al Dipartimento per l’editoria che fa parte della presidenza del consiglio e che non può erogare alcun contributo diretto alle radio. In barba alla Finanziaria perciò quel 5% in più alle radio si è volatilizzato”.
E’ questa la riforma Gentiloni?.