Gentiloni alla Stampa: “Servono nuovi spazi televisivi”

Il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ribadisce gli obiettivi del suo disegno di legge, che mira ad aprire il mercato televisivo


Intervista tratta da “La Stampa”

Berlusconi jr? «Difende il proprio dominio e i propri privilegi». Il Biscione punta all’estero? «Benissimo, il governo tifa per Mediaset che si espande fuori dai confini». Il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni ribadisce gli obiettivi del suo disegno di legge, che mira ad aprire il mercato televisivo. E, per quanto riguarda la Rai, anticipa il nuovo sistema di misurazione della qualità del servizio pubblico. Ministro Gentiloni, da parte del centrodestra, di Forza Italia e di Mediaset, si sostiene che parlare ancora di duopolio televisivo in Italia è una visione miope. Il vicepresidente di Mediaset Piersilvio Belusconi lo ha ripetuto ieri alla Stampa. Qual è la sua opinione? «Quello che chiamiamo duopolio è la straordinaria anomalia italiana per cui, in un sistema televisivo che sul piano della raccolta pubblicitaria ha un peso enorme, i due primi editori hanno a loro volta un peso abnorme. Tradotto, significa che Rai e Mediaset da soli raccolgono oltre il 90% della pubblicità televisiva e oltre il 50% della pubblicità di tutto il sistema informativo: giornali, internet, radio, manifesti, cinema. Niente del genere succede neanche lontanamente in alcuna parte del mondo. Questo è il motivo per cui da ultimo tre mesi fa l’Agcom ha concluso la sua analisi parlando di duopolio e denunciandone i rischi».

Quali rischi?
«Il rischio è che questa situazione diventi un formidabile rallentatore della necessaria innovazione tecnologica del sistema televisivo. I troppi privilegi della realtà attuale si trasformano in barriere insormontabili per nuovi concorrenti e in tempi rallentati per la tv del futuro».

Berlusconi jr insiste nel dire che non bisogna considerare solo la pubblicità ma l’insieme delle risorse e, con questi parametri, Rai e Mediaset hanno una quota del 33-34% e Sky del 29%. I soggetti sarebbero tre, in un sostanziale equilibrio. Qual è il trucco?
«Nessun trucco. Mediaset e Rai insieme hanno l’85% degli ascolti, il 90% delle risorse tecniche e il 92-93% della pubblicità. Quella del vicepresidente di Mediaset è solo propaganda. Comprensibile, per carità. Ma non sono io a parlare di duopolio, è l’Agcom, non sono io a parlare di posizioni dominanti nella pubblicità, è l’Autorità Antitrust, non sono io a denunciare le barriere di ingresso, ma è la procedura di infrazione aperta dall’Unione Europea. Capisco che chi ne ha ricevuto vantaggi si opponga».

Nel suo ddl non si parla di tv satellitare. E Berlusconi jr, ma anche Berlusconi senior in privata sede, sostengono che favorite Sky.
«Le decisioni italiane sono state ripetutamente condannate dall’Ue perché, in violazione del principio comunitario della neutralità tecnologica, favorivano alcuni soggetti a danno di altri. Per questo le scelte fatte dal centrodestra sono state bocciate».

Allude ai finanziamenti pubblici ai decoder che hanno favorito la pay tv di Mediaset sul digitale terrestre, a danno di Sky che peraltro ha solo il 3% del mercato pubblicitario.
«Questa è la realtà. Noi individuiamo due strozzature storiche del sistema televisivo italiano: la posizione dominante nella pubblicità e la mancanza assoluta di spazi per quanto riguarda le frequenze. Due tabù finora inviolabili che il ddl approvato dal governo si propone di superare».

Il tetto del 45% delle risorse pubblicitarie che proponete alcuni lo trovano invece assai generoso.
«Capisco l’obiezione, ma bisogna considerare che il punto di partenza di chi è in posizione dominante è così alto (superiore al 60%) che giustifica la soglia del 45%. L’intervento sulle risorse tecniche poi ridistribuirà frequenze in numero molto rilevante, consentendo a nuovi operatori di entrare in un mercato chiuso. In ogni caso, vedo che la consapevolezza della volontà di cambiare comincia a farsi strada».

Vale a dire?
«Credo che il solo fatto di aver approvato in Consiglio dei ministri un disegno di legge stia producendo comportamenti virtuosi. Quando il vicepresidente di Mediaset dice “non solo la tv generalista e non solo in Italia”…».

Pensano di espandersi in nuove direzioni.
«Tifo per loro. Ma potrei citare quello che succede all’Auditel o la disponibilità della Rai verso il nuovo contratto di servizio. Che conterrà importanti novità».

Per esempio?
«La Rai per molti decenni è stata un modello di televisione al quale si è ispirata la tv commerciale. Poi, al contrario, pressata dall’Auditel, si è messa a inseguire la tv commerciale sul suo terreno. Dunque, serve un nuovo sistema di misurazione di ciò che è servizio pubblico, perché quello attuale è troppo compiacente e risulta inefficace».

Come lo cambierete?
«Il nuovo sistema si chiamerà Indice di Valore Pubblico e deriverà dall’incrocio tra ascolti, qualità percepita dei singoli programmi e qualità generale, perché il giudizio non può limitarsi al singolo programma».

E a chi spetterà valutare?
«Ai telespettatori, naturalmente. Con sondaggi telefonici e a campione, poi con la tv digitale terrestre anche con metodi diretti. Sarà un sistema sofisticato, che si ispira alle esperienze più avanzate, della tv francese e della Bbc. E sarà un organo indipendente a verificare l’indice di valore pubblico».

Intervista tratta da “La Stampa”
Roma 9 novembre 2006

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