Vi sarà capitato spesso di cercare notizie sul web e, una volta cliccato il sito di una testata giornalistica (per citarne una, La Repubblica), non poter accedere al contenuto selezionato perché prontamente bloccato da una finestrella pop-up contenente un’informativa breve, concisa, che nella maggior parte dei casi oscura la pagina sottostante e impedisce la navigazione (definita “cookie wall“).
Cookie banner o cookie wall
Trattasi del cookie banner che, diversamente dai casi normali in cui si può solitamente rimandare ad altro momento la scelta sulle impostazioni cookie e privacy, qui costringe a scegliere tra l’accettare cookie di tracciamento/profilazione (in parole povere, acconsentire a farsi bombardare di pubblicità personalizzata) oppure l’attivare un’offerta a pagamento.
Cookie wall fastidioso
Lato utente, bisogna ammetterlo, quando appare questo banner, è alquanto fastidioso. Specialmente quando si pensa che su Internet l’informazione viaggia libera. O almeno dovrebbe. Ma non è così: eccovi servito il cookie wall.
La pratica degli editori
Si tratta dell’ultima pratica messa in atto già dalla fine del 2022 da diverse testate giornalistiche online, siti web e aziende operanti su Internet.
Le nuove condizioni di accesso tra paywall e cookie wall
Per bilanciare i conti e continuare ad offrire informazione di qualità ai propri lettori (come si legge nell’immagine di copertina), hanno deciso di condizionare l’accesso ai contenuti alla sottoscrizione di un abbonamento (paywall) o, in alternativa, al rilascio del consenso all’installazione di cookie e altri strumenti di tracciamento dei dati personali (cookie wall).
Da La Repubblica al Corriere della Sera
Prima abbiamo citato La Repubblica, ma sono numerose le testate che hanno modificato in questo senso le loro condizioni di accesso: il gruppo GEDI (quindi oltre a La Repubblica, anche La Stampa, Huffpost, Il Secolo XIX, ecc.), Il Messaggero (in cui il cookie wall rimane fisso sullo schermo, ma non oscura la pagina, come dimostra l’immagine sotto), Il Gazzettino, Corriere della Sera (che per la verità ha messo la quasi totalità dei propri contenuti a pagamento), e molti altri.
Ma il cookie wall è legittimo?
Ma la domanda sporge spontanea: il cookie wall è una pratica legittima?
Tra GDPR e Garante privacy
Per chi mastica un po’ la materia della protezione dei dati personali, di recente rivista e aggiornata dal Regolamento (UE) 2016/679 (meglio conosciuto come GDPR), nonché della disciplina propria dei cookie pubblicata anche dal Garante Privacy italiano, di primo acchito si risponderebbe “no”.
La risposta è no?
Anzi, sembrerebbe proprio contrastare con il provvedimento dell’Autorità garante del 2021 e con le linee guida sui cookie e altri strumenti di tracciamento.
Libertà del consenso
In tali documenti si legge che l’utente deve poter esprimere il proprio consenso all’utilizzo dei dati personali in maniera “libera”. Tale principio di libertà perde però qualsiasi effetto di fronte all’utilizzo di un meccanismo vincolante (cd. “take it or leave it”), nel quale l’utente venga cioè obbligato, senza alternativa, ad esprimere il proprio consenso alla ricezione di cookie ovvero altri strumenti di tracciamento. Pena l’impossibilità di accedere al sito.
Il Garante: pratica illecita, salvo…
A dire il vero, nel caso preso in esame l’alternativa c’è e consiste nel sottoscrivere un abbonamento. Ma proseguiamo.
Eccezione
Il Garante, che in prima battuta definisce “illecito” tale strumento, prevede un’eccezione: “…salva l’ipotesi da verificare caso per caso nella quale il titolare del sito offra all’interessato la possibilità di accedere ad un contenuto o a un servizio equivalenti senza prestare il proprio consenso all’installazione e all’uso di cookie o altri strumenti di tracciamento”.
…l’offerta di un contenuto o servizio equivalente
Occorre dunque stabilire se offrire la possibilità di accedere sottoscrivendo un abbonamento possa considerarsi un’alternativa “equivalente”. In più il bilanciamento tra i diritti/interessi in gioco non è scontato.
Cookie wall: occorre bilanciamento tra diritti/interessi
Da una parte, abbiamo gli utenti e i loro dati personali, merce di scambio preziosa nell’era digitale, cui viene riconosciuto il dibattutissimo diritto alla protezione di tali dati. Dall’altra parte, si posizionano gli editori, che giustificano l’utilizzo di questo meccanismo per far fronte alla carenza di ricavi adeguati, e al contempo offrono un servizio importante alla comunità.
Dal consenso all’esecuzione del contratto
Per capire ancora meglio il problema, bisogna scavare più a fondo e ricercare nelle basi che legittimano il trattamento dei dati personali. L’art. 6 del GDPR, tra gli altri, prevede quali basi giuridiche legittimanti il trattamento il consenso (art. 6, comma 1 lett. a) o l’esecuzione di un contratto di cui l’interessato è parte (art. 6, comma 1, lett. b).
Dati personali come merce di scambio
Applicando la normativa, pare quindi che gli editori abbiano spostato il focus sulla base contrattuale piuttosto che sul consenso, proprio come hanno fatto i big tech (Google & Co.) e i social network. Riconoscendo i dati personali degli utenti come valore di scambio, questi possono essere oggetto di un contratto.
Le riflessioni de Il Post
Come riporta un interessante articolo de Il Post “un social network dice di offrire un certo servizio, e che i dati degli utenti sono la merce di scambio per quel servizio. Per fare un esempio: il servizio offerto da TikTok non è solo il feed pieno di video, ma anche lo stesso sistema di profilazione dell’utente. La profilazione è parte integrante del pacchetto del contratto”.
Editori come social network?
“Sostenere una cosa del genere per i giornali però è assai più difficile, perché il prodotto principale di un giornale sono le notizie, e secondo molti non ha altrettanto senso che vengano offerte in cambio dei dati personali degli utenti, perché le notizie e il feed di un giornale non hanno niente a che fare con quei dati (come invece il feed di un social network)”.
I comunicati del Garante
In prima battuta, in un comunicato del 21/10/2022, il Garante ha rilevato che “la normativa europea sulla protezione dei dati personali non esclude in linea di principio che il titolare di un sito subordini l’accesso ai contenuti, da parte degli utenti, al consenso prestato dai medesimi per finalità di profilazione (attraverso cookie o altri strumenti di tracciamento) o, in alternativa, al pagamento di una somma di denaro“.
Aperte le istruttorie per valutare la liceità del cookie wall
Ma è ancora presto per tirare le somme. Il Garante privacy ha aperto una serie di istruttorie per accertare la conformità di tali iniziative con la normativa vigente. L’Autorità ha rivolto ai maggiori gruppi editoriali nazionali specifiche richieste di informazioni in grado di chiarire le modalità di funzionamento del meccanismo in questione e le diverse tipologie di scelte a disposizione dell’utente.
Raccolta di informazioni sul rispetto della normativa
Inoltre, ha richiesto di fornire tutti gli elementi utili a dimostrare il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali per quanto riguarda i principi di correttezza e trasparenza dei trattamenti, nonché il fondamentale requisito della libertà del consenso.
DPIA sotto la lente
Sotto la lente del Garante anche le valutazioni di impatto (DPIA) eventualmente effettuate dai gruppi editoriali, come pure le analisi e i criteri adottati per la determinazione del prezzo dell’abbonamento alternativo al servizio disponibile mediante prestazione del consenso.
Cookie wall nodo del 2023: l’intervento di Guido Scorza
La questione è ancora al vaglio ed è un nodo da risolvere entro il 2023.
Guido Scorza, componente del Garante privacy, è intervenuto a inizio anno, affrontando proprio questa problematica: “Ci sarà da risolvere la questione sollevata dai grandi editori di giornali sul finire del 2022, quando hanno deciso di chiedere ai loro lettori di scegliere se prestare un consenso all’installazione di cookie di profilazione o pagare un abbonamento per continuare a leggersi un giornale”.
Via ogni preconcetto per stabilire se il cookie wall sia giustificabile
“Bisognerà mettere da parte ogni posizione ideologica, ogni preconcetto integralista, ogni idea che suggerisca che il fine – in questo caso l’esigenza dei giornali di sopravvivere e garantire una delle libertà più preziose che abbiamo come quella all’informazione – giustifica i mezzi – in questo caso la compressione, forse oltre i limiti del sostenibile, della libertà individuale di scegliere se e a quanto della propria privacy rinunciare”.
Il leggendario Regolamento E-privacy
“Qualunque sia la risposta che si deciderà di dare al problema nel rispetto delle regole europee della materia – e nella speranza che le stesse siano presto finalmente aggiornate con il varo dell’ormai leggendario Regolamento E-privacy – in nessun caso si potrà prescindere dalla circostanza che l’utente, il consumatore, il lettore deve essere effettivamente consapevole prima di compiere qualsiasi scelta che riguardi propria identità personale”.
Inconsapevolezza degli utenti sulla preziosità dei propri dati
“E, anche questo lo si può già dire con relativa serenità, oggi non lo è perché non gli è affatto chiaro quanto valgono i suoi dati personali, in che termini rischi di perderne il controllo se prestasse il consenso all’installazione dei cookie, quali potrebbero essere le conseguenze di quel consenso e, cosa ‘compra’ effettivamente, accettando di lasciarsi profilare”, ha dichiarato Scorza. (G.S. per NL)