In Gran Bretagna parlare di Tv commerciale significa parlare della compagnia ITV. Su di essa, al centro di opposti interessi, è più che mai concentrata l’attenzione degli analisti internazionali, i quali, nei giorni scorsi, hanno assistito al rifiuto dell’offerta di 4,7 miliardi di sterline (corrispondenti a 8,9 miliardi di dollari) proveniente dalla cable tv NTL. La Tv su filo, facente capo a Richard Branson, non è l’unica ad ambire alla conquista della maggiore rete televisiva privata britannica. Infatti, solo da qualche settimana si è avuto l’ingresso nel capitale della ITV di BSkyB di Rupert Murdoch, attraverso l’acquisizione del 17,9% della Tv britannica, per un costo di 940 milioni di sterline. C’è chi sostiene che la mossa di Murdoch sia stata compiuta proprio col l’obiettivo di bloccare Branson, che nel corso dell’anno ha già dato grattacapi alla rete satellitare britannica con la questione dei diritti del campionato inglese di calcio. Se, come ha affermato Guy Bisson di Screendigest “BSkyB ha scelto di fare il guastafeste, di fronte alle ambizioni di NTL” attraverso questa importante operazione che l’ha portata ad impegnare il 2% del proprio valore di Borsa è per motivi difensivi, in vista di una maggiore competizione di Sky. In questa agguerrita competizione tra cavo e satellite, pertanto, il sacrificio pagato dal magnate australiano dei media è stato definito complessivamente “ragionevole” da Julien Roch, analista di Merrill Lynch. L’esito della transazione proposta da Branson, che ha valorizzto ITV a circa sette miliari di euro, ha indotto il potente uomo d’affari, fondatore del marchio Virgin, ad accusare Murdoch di “falsare le regole della concorrenza”, nel suo obiettivo di “mascherato controllo” dei media. A fronte della possibilità che la NTL faccia appello alle Autorità antitrust, Murdoch ha subito ricordato che la regolamentazione britannica l’autorizza a detenere fino al 20% di ITV. (Mara Clemente per NL)