AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
DELIBERAZIONE 22 febbraio 2007
Atto di indirizzo sul rispetto dei diritti fondamentali della persona e sul divieto di trasmissioni che presentano scene pornografiche. (Deliberazione n. 23/07/CSP).
L’AUTORITA’
Nella riunione della commissione per i servizi ed i prodotti del
22 febbraio 2007;
Vista la legge 31 luglio 1997, n. 249, pubblicata nel supplemento
ordinario n. 154/L alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
n. 177 del 31 luglio 1997, ed in particolare gli articoli 1, comma 6,
lettera b), nn. 1 e 14, e 3-bis;
Vista la Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera,
firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989 dagli Stati membri del
Consiglio d’Europa e dagli altri Stati parti della Convenzione
culturale europea e resa esecutiva in Italia con la legge 5 ottobre
1991, n. 527, pubblicata nel supplemento ordinario n. 253 alla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 28 ottobre 1991, e
in particolare l’art. 7;
Vista la direttiva del Consiglio delle Comunita’ europee del
3 ottobre 1989, n. 552, relativa al coordinamento di determinate
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri concernenti l’esercizio delle attivita’ televisive
(89/552/CEE), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita’
europee n. L/298 del 17 ottobre 1989, e modificata con la direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del
30 giugno 1997 (97/36/CE), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle
Comunita’ europee n. L/202 del 30 luglio 1997, e in particolare
l’art. 22, comma 1;
Visto il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante «testo
unico della radiotelevisione», pubblicato nel supplemento ordinario
n. 150/L alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 208 del
7 settembre 2006, ed in particolare gli articoli 3 e 4, comma 1,
lettera b);
Vista la delibera n. 127/00/CONS recante il regolamento concernente
la diffusione via satellite di programmi televisivi, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 86 del 12 aprile 2000
e, in particolare, l’art. 15;
Vista la delibera n. 278/04/CSP del 10 dicembre 2004 recante la
direttiva in materia di carte dei servizi e qualita’ dei servizi di
televisione a pagamento, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 15 del 20 gennaio 2005 e, in particolare,
l’art. 16;
Considerato che, alla luce delle disposizioni normative e
regolamentari vigenti, i principi fondamentali del sistema
radiotelevisivo rappresentati dalla liberta’ di espressione, di
opinione e di ricevere e comunicare informazioni, applicabili alle
emittenti radiotelevisive e ai fornitori di contenuti
radiotelevisivi, devono conciliarsi con il rispetto dei diritti
fondamentali della persona, essendo esplicitamente stabilito il
divieto di trasmissioni che presentano scene pornografiche, con la
sola esclusione delle trasmissioni ad accesso condizionato che
prevedano l’adozione di un sistema di controllo specifico e selettivo
(art. 4, comma 1, lett. b), testo unico della radiotelevisione);
Considerato che alla luce delle predette disposizioni comunitarie e
nazionali il rispetto dei diritti fondamentali della persona deve
costituire principio cardine del sistema radiotelevisivo, non
derogabile da parte delle emittenti, ne’ con riferimento agli orari
di trasmissione ne’ ai sistemi ed alle modalita’ di programmazione;
Considerato, altresi’, con specifico riferimento alle trasmissioni
che contengono scene pornografiche, che la stessa normativa prevede
come unica eccezione che la trasmissione sia realizzata mediante
sistemi ad accesso condizionato che prevedano l’adozione di un
sistema di controllo specifico e selettivo;
Rilevato che la Corte di cassazione (sez. I civile, sentenze nn.
6759 e 6760 del 6 aprile 2004) ha statuito che «il divieto “assoluto”
di trasmissione di programmi che contengano (anche o esclusivamente)
“scene […] pornografiche”» e’ volto «ad escludere tout court la
trasmissione di programmi che, in quanto immediatamente collidenti
con principi e valori riconosciuti e garantiti (anche) dalla
Costituzione in relazione (non soltanto al singolo individuo, ma) a
tutta la collettivita’ nazionale, sono considerati nocivi per
l’intera collettivita», precisando altresi’ che «il legislatore, in
questi casi, tenendo conto della natura e delle caratteristiche del
mezzo radiotelevisivo e dei possibili effetti dei suoi “messaggi” sul
pubblico indeterminato ed indeterminabile dei destinatari, ha scelto,
mediante il divieto assoluto di trasmissione di programmi
radiotelevisivi aventi i contenuti vietati, di tutelare
“incondizionatamente” – vale a dire, senza prevedere eccezioni –
principi, valori ed interessi ritenuti primari per la stessa
convivenza sociale e civile, quali […] il buon costume […], e di
sacrificare percio’, previo bilanciamento dei valori in gioco, la
liberta’ di informazione radiotelevisiva», non rilevando «ne’ il
mezzo di comunicazione (radio o televisione), ne’ il mezzo espressivo
utilizzati per confezionare un programma vietato, sia esso costituito
da parole e/o suoni – propri della comunicazione radiofonica – ovvero
da immagini e/o parole e/o suoni, propri del medium televisivo»,
giacche’ i divieti in questione «si riferiscono, in mancanza di
precise specificazioni legislative, a qualsivoglia programma,
qualunque sia il “genere” cui lo stesso sia riconducibile secondo le
classificazioni correnti (informazione, svago, intrattenimento,
sport, cultura, fiction, etc.)»;
Rilevato che nella stessa pronuncia la Corte di cassazione rinvia
all’esito di specifica valutazione caso per caso «l’interpretazione
ed applicazione delle corrispondenti fattispecie nei casi concreti:
vale a dire […] l’esistenza, nel programma, di “scene” che possano
qualificarsi […] “pornografiche”»;
Ritenuto, pertanto, necessario fornire linee interpretative e di
indirizzo per meglio specificare la natura delle scene e dei
programmi che, potendosi qualificare come pornografici, rientrano nei
divieti previsti dalla predetta normativa;
Ritenuto che a tal fine utili indirizzi e principi possono essere
desunti dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione in
materia di offesa al sentimento del pudore;
Considerato che in base alla giurisprudenza in materia:
a) per pornografia si intende «la descrizione o illustrazione di
soggetti erotici, mediante scritti, disegni, discorsi, fotografie,
etc., che siano idonei a far venir meno il senso della continenza
sessuale e offendano il pudore per la loro manifesta licenziosita»
(Cass., sez. III penale, 9 febbraio 1971, n. 1197);
b) il pudore e’ definibile come «reazione emotiva, immediata ed
irriflessa, di disagio, turbamento e repulsione in ordine a organi
del corpo o comportamenti sessuali che, per ancestrale istintivita’,
continuita’ pedagogica, stratificazione di costumi ed esigenze
morali, tendono a svolgersi nell’intimita’ e nel riserbo» (Cass.,
sez. III penale, 3 febbraio 1977, n. 1809);
c) poiche’ la liberta’ di espressione costituzionalmente
garantita trova un limite «nelle esigenze di tutela del pudore e del
buon costume» (Cass., sez. III penale, 10 agosto 1966, n. 1218),
risulta fondamentale la definizione dell’offesa al buon costume, che
si distingue dalla indecenza in quanto quest’ultima si realizza
nell’offesa del «sentimento collettivo della costumatezza e della
compostezza», mentre l’offesa al buon costume – che assume
penalisticamente i connotati dell’oscenita’ – afferisce piuttosto
alla lesione della verecondia sessuale, ossia alla riservatezza
relativamente ad atti e fatti pertinenti alla intimita’ sessuale
(Cass., sez. III penale, 11 giugno 2004, n. 26388);
d) il comune sentimento del pudore e’ ravvisabile nel «senso di
quella naturale riservatezza che nella normalita’ dei casi circonda
tutte le manifestazioni riguardanti la vita sessuale» (Cass., sez.
III penale, 30 ottobre 2001);
e) la concreta determinazione del «comune senso del pudore» e’
rimessa a una valutazione caso per caso (Cass., sez. III penale,
15 gennaio 1979, n. 484), nel senso «della verifica e
dell’aggiornamento … nella sua mutevolezza con il divenire dei
costumi e con l’evoluzione del pensiero medio dei consociati nel
momento storico in cui avviene il fatto incriminato (cosiddetto
criterio storico-evolutivo)» (Cass., sez. III penale, 7 giugno 1984,
n. 5308), precisandosi tuttavia che «non possono essere poste a
fondamento di un giudizio di valore quelle manifestazioni che,
riferendosi apertamente ad atti della vita sessuale, tendono
esclusivamente all’eccitamento erotico. Queste infatti devono essere
tuttora considerate come fenomeni di degenerazione del costume»
(Cass., sez. VI penale, 8 giugno 1971, n. 22, e 10 febbraio 1972, n.
878);
f) al fine di individuare le potenzialita’ offensive del pudore
e’ necessario valutare gli atti e le rappresentazioni rispetto «al
contesto ed alle modalita’ in cui gli atti o gli oggetti sono
compiuti o esposti. […] Ne consegue che il nudo integrale –
considerando il sentimento medio della comunita’ ed i valori della
coscienza sociale e le reazioni dell’uomo medio normale – assume
differenti valenze […]. L’esibizione degli organi genitali
(diversamente da quella del seno nudo, che non integra piu’ alcuna
ipotesi di reato) – al di fuori delle eccezioni ricordate – configura
il delitto di atti osceni, perche’ mira al soddisfacimento della
“libido”» (Cass., sez. III penale, 3 ottobre 1997, n. 8959);
g) la rappresentazione, o piu’ precisamente l’esibizione, degli
organi genitali, dunque – salvo che nell’ambito di un nudo artistico
– tende ad essere qualificata come erotizzante e dunque offensiva del
pudore, e cio’ con riferimento agli organi dell’uno o dell’altro
sesso; piu’ in particolare, si ha offesa al pudore «quando si
rappresentano nude, con la palese funzione di eccitare l’istinto
sessuale attraverso atteggiamenti e particolari posizioni, quelle
parti del corpo femminile che hanno riferimento alla sfera sessuale e
si risolvono nella sollecitazione psichica dell’erotismo» (Cass.,
sez. III penale, 28 novembre 1974, n. 9191); alla stessa stregua e’
valutata la rappresentazione degli «oggetti cosiddetti “coadiuvanti”,
che hanno la funzione di risvegliare e stimolare l’istinto sessuale,
rappresentando organi genitali» (Cass., sez. III penale, 15 aprile
1985 n. 3494), con la sola eccezione di quegli oggetti il cui
«contenuto palesemente ironico e canzonatorio […] ne escluda il
carattere di oscenita» (Cass., sez. III penale, ordinanza 21 ottobre
1995, n. 3027);
h) viene in considerazione non soltanto la manifestazione, ma
anche la sua finalita’ e la sua motivazione: non soltanto la
«inequivoca attinenza sessuale del gesto compiuto» (Cass., sez. III
penale, 22 novembre 2001, n. 41735) e’ sintomatica del carattere
osceno della rappresentazione, ma anche il suo essere concreta
espressione dell’istinto sessuale: «il contenuto osceno penalmente
rilevante non puo’ restringersi alla sola rappresentazione estrema di
un rapporto sessuale, ma comprende anche l’oscenita’ insita in atti e
comportamenti che richiamano il congresso carnale, come esposizione
di nudita’, atteggiamenti con chiaro contenuto erotizzante,
manifestamente licenziosi» (Cass., sez. III penale, 5 dicembre 2002,
n. 41055);
i) pertanto, il pudore risulta leso in generale dalla
rappresentazione prodotta di «atteggiamenti che rievocano
esplicitamente e brutalmente gli atti della riproduzione» (Cass.,
sez. VI penale, 1° ottobre 1968, n. 1085), avendo «attitudine a
svegliare la sensualita’ o a suscitare la concupiscenza richiamando
direttamente o indirettamente sensazioni o manifestazioni della vita
sessuale che devono rimanere opportunamente celate» (Cass., sez. I
penale, 30 giugno 1969, n. 267), sia piu’ in generale «quelle
manifestazioni che apertamente tendono all’eccitamento erotico»
(Cass., sez. VI penale, 4 febbraio 1971, n. 1465);
j) nello specifico, a titolo esemplificativo, si ha offesa al
pudore «sia quando si riproducono brutalmente “atti della
generazione”, sia quando si rappresentino scene ed atteggiamenti che
chiaramente richiamino il rapporto sessuale» (Cass., sez. III penale,
15 gennaio 1979, n. 484); ancora, quando si ha «rappresentazioni di
immagini che chiaramente richiamano il rapporto sessuale o
equivalente abnormi, nonche’ atti di libidine, attraverso esposizioni
di nudita’ invereconde, pose e atteggiamenti aventi chiaro
significato erotizzante» (Cass., sez. III penale, 28 novembre 1974,
n. 9191); ovvero, la esibizione di corpi parzialmente o totalmente
nudi, accompagnati a pose e atteggiamenti dei personaggi che
richiamano o simulano, anche in maniera provocatoria, atti o
attivita’ sessuale, vale a configurare come pornografica la
rappresentazione in quanto contraria al comune senso del pudore
(Cass., sez. I penale, 14 gennaio 2005, n. 17285);
k) con specifico riguardo al contesto cinematografico, «un’opera,
il cui contenuto e’ caratterizzato da un esasperato o quasi ossessivo
pansessualismo fine a se stesso, in quanto diretto a sollecitare
deteriori istinti della libidine con rappresentazioni crudamente
veristiche di amplessi, con descrizioni, scene ed esposizioni di
nudita’, non puo’ non essere considerata oscena, in quanto gravemente
offensiva del comune sentimento del pudore di quella particolare
sensibilita’ e riservatezza che, ancor oggi, nonostante l’evoluzione
dei costumi, circonda cose od atti attinenti alla vita sessuale. Ed
e’ indubbio che anche nell’attuale momento storico la grande
maggioranza dei consociati, cui bisogna far riferimento per
determinare il modo di pensare e di sentire del cosiddetto “uomo
medio”, non ritiene tollerabile e non accetta un’opera
cinematografica, teatrale o letteraria, il cui tessuto connettivo sia
esclusivamente, o quasi, costituito dalla brutale riproduzione di
atti della generazione e dalla rappresentazione di scene ed
atteggiamenti che chiaramente richiamino il rapporto sessuale»
(Cass., sez. III penale, 28 gennaio 1981, n. 520); e ancora,
«un’opera cinematografica riveste carattere di oscenita’ non solo per
la sua attitudine ad eccitare la concupiscenza, ma anche quando,
rappresentando scoperte carnalita’ e violenze sessuali riposte nel
fondo degenerativo degli istinti primordiali della specie, violi il
pudore, e cioe’ la verecondia attraverso la quale l’uomo, nel suo
lungo cammino di civilta’, ha sempre cercato di nascondere i suoi
istinti sessuali oltreche’ le turpitudini della propria ed altrui
lussuria. Tutto cio’, invero, mettendo in particolare evidenza fatti
censurati dal riserbo e dalla pudicizia che circondano gli strati
elevati della coscienza umana, puo’ indurre anche un profondo
disgusto, tale da prevalere sulle pulsioni erotizzanti e annullarle.»
(Cass., sez. III penale, 7 giugno 1984 n. 5308);
Ritenuta la sussistenza di elementi sufficienti alla individuazione
dei criteri di determinazione della natura pornografica degli atti,
degli oggetti e delle rappresentazioni vietate ai sensi dell’art. 4,
comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177;
Ritenuta, conseguentemente, l’opportunita’ di esplicitare i
predetti criteri cui devono conformarsi i programmi predisposti e
trasmessi dalle emittenti radiotelevisive pubbliche o private nonche’
dai fornitori di contenuti radiotelevisivi, eccezion fatta per quelli
diffusi ad accesso condizionato con sistema di controllo specifico e
selettivo, al fine di rendere effettivo il divieto di trasmissione di
programmi contenenti scene pornografiche;
Udita la relazione del commissario Michele Lauria, relatore ai
sensi dell’art. 29 del regolamento concernente l’organizzazione ed il
funzionamento dell’Autorita’;
Delibera:
1. Le emittenti radiotelevisive pubbliche e private, nazionali e
locali e i fornitori di contenuti radiotelevisivi su frequenze
terrestri, via satellite e via cavo, ai sensi e nei limiti di quanto
stabilito dall’art. 4, comma 1, lettera b), in combinato disposto con
l’art. 51, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 31 luglio
2005, n. 177, sono tenuti a rispettare il divieto di trasmissione di
programmi contenenti scene pornografiche individuate in base ai
criteri recati dalla presente delibera.
2. A tal fine, si intende per pornografica la descrizione,
l’illustrazione o la rappresentazione, visiva e/o verbale, di
soggetti erotici e di atti o attivita’ attinenti alla sfera sessuale,
che risulti offensiva del pudore.
3. E’ offensiva del pudore la descrizione, l’illustrazione o la
rappresentazione, visiva e/o verbale, di atti o attivita’ attinenti
alla sfera sessuale, o l’esibizione di organi genitali, esorbitante
dalla riservatezza tipica delle manifestazioni relative alla vita
sessuale, ovvero finalizzata alla eccitazione erotica o alla
stimolazione dell’istinto sessuale, ovvero connotata da gratuita’
rispetto al contesto narrativo e priva di elementi redimenti che,
alla luce dello stesso contesto, ne giustifichino la presenza.
4. Fatto salvo quanto previsto dall’art. 34, commi 1 e 2, del
decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, non rientra nel
menzionato divieto di cui all’art. 4, comma 1, lettera b) del citato
decreto legislativo, la rappresentazione che, pur ricadente nella
definizione di cui al precedente punto 2, sia parte di un contesto
culturale o di valore artistico e risulti non fine a se’ stessa ma
funzionale all’economia dell’opera in cui e’ inserita.
5. Le emittenti e i fornitori di contenuti sono richiamati ad
adottare ogni cautela al fine di uniformare le attivita’ connesse
alla messa in onda di programmi radiotelevisivi ai predetti criteri
ai fini dell’osservanza del divieto di cui all’art. 4, comma 1,
lettera b) del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.
6. L’Autorita’ uniforma le proprie attivita’ di monitoraggio e
sanzionatoria sul rispetto dei diritti fondamentali della persona e
del divieto di diffusione di programmi recanti scene pornografiche ai
predetti criteri, che pertanto assumono valore di indirizzo
interpretativo della relativa disposizione contenuta nell’art. 4,
comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177,
munita del presidio sanzionatorio di cui all’art. 51, comma 1,
lettera i), del citato decreto legislativo.
La presente delibera e’ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale e sul sito web
dell’Autorita’ ed e’ trasmessa alla Commissione parlamentare per
l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Roma, 22 febbraio 2007
Il presidente: Calabro’
Il commissario relatore: Lauria