Garante Privacy newsletter N. 308 del 17 giugno 2008

Telecamere condominiali, servono regole chiare. Il Garante al Comune di Roma: oscurate subito i dati sulla salute. Privacy e comunicazioni elettroniche


Telecamere condominiali, servono regole chiare

Il Garante per la protezione dei dati personali ha segnalato al Parlamento e al Governo l’opportunità di valutare l’adozione di una disciplina che regoli alcuni aspetti relativi al trattamento dei dati personali determinati dall’installazione di impianti di videosorveglianza nei condomini, materia allo stato non disciplinata specificamente.
Recenti quesiti e segnalazioni rivolti all’Autorità hanno infatti posto il caso in cui non i singoli condomini, ma l’intero condominio intende installare tali impianti in aree comuni, quali portoni d’ingresso, androni, cortili, scale, parcheggi, anche presso residence o multiproprietà. Dal loro esame emerge l’esistenza di due interessi contrapposti: da un lato l’esigenza di sicurezza delle persone e di tutela di beni comuni; dall’altro, la preoccupazione dei singoli che gli impianti di videosorveglianza possano incidere sulla libertà di muoversi, senza essere controllati, nel proprio domicilio e all’interno delle aree comuni.

La questione sottoposta alle Camere non trova (né avrebbe potuto trovare) puntuale regolamentazione nel Codice civile del 1942 e, anche rifacendosi ai principi generali, non appare chiaro se l’installazione di sistemi di videosorveglianza possa essere effettuata in base alla sola volontà dei proprietari o se si debba tener conto anche del consenso di altri soggetti, in particolare dei conduttori; non risulta chiaro, poi, con quale tipo di maggioranza possa essere approvata. In questa materia, peraltro, non può essere sottovalutato il divieto contenuto nell’art. 615 bis del codice penale che sanziona chiunque si procura indebitamente immagini relative alla vita privata che si svolge nel domicilio, nozione che secondo alcune decisioni giurisprudenziali può giungere fino a ricomprendere le aree comuni; cosa che comporterebbe la necessaria acquisizione del consenso di un numero assai ampio di soggetti, non sempre di agevole identificazione.

Il Garante al Comune di Roma: oscurate subito i dati sulla salute
É vietato diffondere dati sullo stato di salute. Il principio è stato riaffermato dal Garante privacy che ha disposto, in via d’urgenza, il “blocco” di dati sanitari pubblicati su tre siti web, tra cui quello istituzionale del Comune di Roma. “Invalido”, “figlio di invalido per servizio” erano le diciture, in grado di fornire informazioni sulla salute, che comparivano in Internet accanto ai nomi di alcuni idonei a un concorso per istruttore di polizia municipale nella graduatoria pubblicata on line. Dubbi sulla liceità della loro diffusione erano stati segnalati al Garante da un cittadino. Con il “blocco” il Comune e le due società che gestiscono i siti hanno dovuto oscurare i dati sanitari dei concorrenti e limitarsi alla sola conservazione, in attesa di ulteriori accertamenti che il Garante ha avviato per valutare la conformità delle modalità di diffusione della graduatoria al Codice privacy. Al provvedimento inibitorio di blocco, al quale il Comune di Roma ha già ottemperato, si è giunti al termine di una prima verifica dalla quale è emerso un grave illecito. Contrariamente a quanto previsto dalla legge, infatti, che vieta la diffusioni di dati sanitari, alcuni dei titoli di preferenza (invalido, figlio di invalido per servizio, di guerra ecc.) indicati accanto ai nomi dei concorrenti erano in grado di rivelare lo stato di salute dei partecipanti o dei loro familiari. Tali dati per la loro stessa presenza in Internet risultavano, peraltro, immediatamente accessibili a chiunque, attraverso una semplice ricerca nominativa effettuata in rete, anche tramite i motori di ricerca. Il Comune ha immediatamente adempiuto al provvedimento del Garante.

Privacy e comunicazioni elettroniche

I Garanti Ue chiedono più sicurezza per cittadini e consumatori
Per i Garanti europei, il futuro quadro normativo in materia di privacy e comunicazioni elettroniche, sul quale stanno lavorando le istituzioni comunitarie, dovrà garantire più efficacemente la sicurezza delle reti e facilitare l’esercizio dei diritti degli utenti.

Il Gruppo Articolo 29, che riunisce le Autorità europee per la protezione dei dati, ha elaborato un parere sulle proposte di modifica della direttiva detta “e-Privacy” (2002/58) in materia di comunicazioni elettroniche (link: http://ec.europa.eu/…pdf). Va sottolineato che il pacchetto di proposte della Commissione comprende anche una “proposta di Regolamento” concernente l’istituzione di un’Autorità europea di regolazione del mercato delle comunicazioni, fra i cui compiti rientra la definizione di standard di sicurezza paneuropei.

Il parere dei Garanti europei, che risale alla fine di maggio, condivide alcune delle osservazioni contenute nel documento pubblicato sullo stesso tema dal Garante europeo per la protezione dei dati (10 aprile 2008). I Garanti concordano sull’opportunità di guardare alle reti in una prospettiva più ampia, data la loro natura sempre più spesso “mista” (pubblica/privata), su alcuni emendamenti proposti dalla Commissione: in particolare, l’applicabilità delle disposizioni della direttiva a tecnologie quali le cosiddette “etichette elettroniche” Rfid (in quanto utilizzano “reti di comunicazione elettronica disponibili al pubblico” per veicolare i segnali di trasmissione), e l’attribuzione del diritto di intraprendere azioni legali in caso di violazioni della normativa nazionale (ad esempio, in materia di spam) anche a soggetti non direttamente colpiti, ma comunque direttamente interessati, quali i provider di servizi Internet.

A tutto questo si aggiunge la proposta di estendere l’obbligo per i provider di servizi di comunicazione di notificare violazioni e/o rischi per la sicurezza delle reti a tutti gli “utenti” dei servizi di comunicazione elettronica (anziché ai soli “abbonati” a tali servizi); ciò dovrà avvenire secondo un approccio equilibrato che tenga conto dei costi e dell’impatto che tali notifiche possono esplicare sull’attività dei provider (ad esempio, in termini di danno di immagine). Inoltre, il Gruppo ha segnalato l’opportunità di ampliare la definizione di “sistemi di chiamata” contenuta nella direttiva 2002/58 (art. 13) includendovi i sistemi di “comunicazione” (per tenere conto degli sviluppi tecnologici legati, ad esempio, alla tecnologia Bluetooth, il cui funzionamento è difficilmente assimilabile ad una “chiamata” sul terminale dell’utente); ciò consentirebbe di garantire una protezione più efficace nei confronti delle comunicazioni indesiderate. Per lo stesso motivo, l’estensione del “diritto di intraprendere azioni legali” dovrebbe comprendere anche le violazioni dell’articolo 5.3 della direttiva, ossia l’uso e l’installazione, per esempio, di spyware.

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