Ogni anno che passa, dal 2009 in poi, si assegna la qualifica di annus horribilis della pubblicità in Italia. A dimostrare che al peggio non c’è limite.
Ora Nielsen, nel tentativo di asciugare il sudore che corre sulla schiena degli editori della carta stampata – che hanno registrato un crollo del 25% della raccolta pubblicitaria del gennaio 2013 – indica nel 2014 un’inversione di tendenza, specificando però che a godere della (eventuale) ripresa saranno i media tecnologicamente evoluti. E qui sta la nota dolente: gli operatori televisivi tradizionali possono appartenere alla specie? A nostro avviso no, se è vero – come è vero – che solo ora le associazioni delle tv locali si sono rese conto della necessità di sfruttare e non combattere il web per la veicolazione dei propri contenuti attraverso opportune alleanze con i dominatori della rete. Profetico, a riguardo, era il nostro editoriale dell’aprile 2010, “Tv: Web come ti odio”. “E’ un futuro che non piace – osservavamo tre anni or sono a riguardo dell’atteggiamento ottuso dei player tv verso Internet – anche se non possono fare a meno di confrontarvisi. Sanno, infatti, che l’affermazione di Internet come cardinale vettore dei contenuti audiovisivi prima insidierà, poi scuoterà e infine demolirà le rendite di posizione. Così anelano a complicarne l’accesso attraverso una intensa attività lobbistica, ostacolandone lo sviluppo, suggerendo e favorendo la positivizzazione di accrocchi normativi, determinati a ritardare il momento della resa dei conti”. Falliti miseramente (come prevedibile) i propri propositi, la ex casta dei televisionari cerca oggi di correre ai ripari. Ma lo fa nel modo sbagliato e cioè, ancora una volta, chiedendo l’aiuto alla politica. “Se il nuovo Governo si deciderà ad emanare una norma che incentivi, per esempio attraverso il credito d’imposta, le aziende ad investire in pubblicità l’inizio della ripresa si potrebbe anticipare alla seconda metà del 2013”, anela infatti la Federazione Radio Televisioni, denotando l’ennesimo approccio assistenzialistico, tipico di un settore che non ha capito che per sopravvivere deve riformarsi dalle radici. Forse che la pubblicità sul web per crescere a due cifre anche in tempo di crisi ha avuto bisogno di sovvenzioni?