FNSI.it
“La solita vecchia minestra sta per esser servita. Alla Rai pare non ci possa essere niente di nuovo che il vecchio gioco delle parti: la maggioranza che si prende quello che vuole, l’opposizione che finge di esserle contro e di fatto si prepara al solito ‘accordone’ di un posto a te, un posto a me senza che si chiarisca prima con quali criteri e per quale missione; e per quale disegno di cambiamento.
In realtà ciò accade perché il cambiamento non c’è: di Fondazione o di altro istituto societario, che separi la politica dalla gestione dell’azienda di servizio pubblico, non se ne parla più; di alta amministrazione manageriale da valutare sulla base di un mandato trasparente che assicuri autonomia, pluralismo, indipendenza, gestioni incardinate su valutazioni aziendali conseguenti neppure. Contano al solito, invece, i nomi e le attribuzioni della spartizione del potere in carico agli schieramenti e a chi, al loro interno, può deciderne le scelte.
Questo non è beneaugurante, non è proprio spirito di riforma.
Contrariamente il Sindacato dei giornalisti non cancella dal proprio orizzonte i problemi veri che stanno sul tappeto: qualificazione e rispetto del servizio pubblico, affermazione delle autonomie (proprio oggi, invece, il sottosegretario Paolo Romani ha attaccato inopinatamente il direttore di Rai Tre Paolo Ruffini) e rispetto del pluralismo (nella considerazione che non è espressione esclusiva di chi ha conquistato seggi in Parlamento), valorizzazione delle immense risorse professionali spesso abbandonate a se stesse, politicizzazione della gestione dell’azienda, sganciamento degli organi di amministrazione dalle logiche dei mandati politici. Per non parlare poi di una radicale rivisitazione della legge Gasparri in particolar modo relativa ai poteri del direttore generale e del consiglio di amministrazione.
I tempi e le condizioni di una riforma profonda e condivisa per un patrimonio del Paese non di una parte di esso, tanto meno dell’autocrazia, non sono ancora maturi? Ci sono tanti modi per dare segnali in direzione della discontinuità e del cambiamento, a cominciare da un giudizio trasparente sui gestori attuali e sui veri obiettivi futuri. Solo così potranno almeno risultare comprensibili le scelte dei nuovi vertici”.