È critica la relazione del presidente Agcom Angelo Marcello Cardani esposta al Senato sul ddl 2526 recante “Misure in materia fiscale per la concorrenza nell’economia digitale”: la tassazione di attività dematerializzate non può più fondarsi sui criteri di territorialità e di destinazione, ma dovrebbe guardare alla tracciabilità dei flussi di denaro e alla lingua dei contenuti che vengono creati.
La problematica dell’imposizione fiscale agli Internet Giants non è nuova ed è connessa a quella del controllo di questi soggetti da parte delle autorità garanti. Cardani ha osservato che “la struttura proprietaria tipica delle multinazionali che, in applicazione della libertà di stabilimento e circolazione garantita dai trattati UE, si avvalgono dei dislivelli di fiscalità tra i diversi ordinamenti nazionali europei per conseguire risparmi e vantaggi competitivi, consente non soltanto di eludere le norme fiscali ma in certi casi anche di sottrarsi alla regolamentazione ed ai poteri di accertamento delle autorità preposte alla tutela della concorrenza e del pluralismo nel settore dei media”. Nel caso di Google, ad esempio, l’AgCom è ostacolata nella redazione del Sistema integrato delle comunicazioni (Sic) dal fatto che il colosso digitale si rifiuti di comunicare i dati sulla raccolta pubblicitaria effettuata in Italia. A tal proposito pende tutt’oggi un giudizio davanti al Tal Lazio sollevato dal ricorso di Google Italy avverso alla delibera Agcom che le ingiungeva di comunicare la c.d. “informativa economica di sistema” (Ies, documento alal base del Sic). Sebbene operante anche in Italia, infatti, Google ritiene di non dover sottostare agli obblighi di comunicazione poiché la propria sede legale è situata in Irlanda. La questione è stata sollevata in via pregiudiziale presso la Corte di Giusitizia europea, interrogata sulla compatibilità della delibera Agcom contestata alla normativa UE di riferimento.
Allo stesso modo, l’attività dematerializzata e del tutto svincolata dalla sede legale consente il fiscal shopping delle multinazionali, spesso ingenerando dubbi su quale regime fiscale nazionale sia applicabile, oltre a creare importanti distorsioni della concorrenza.
La proposta del presidente AgCom è l’introduzione di una presunzione per cui se viene prodotto molto materiale in lingua italiana, è plausibile che esso sarà destinato al mercato italiano ed i relativi guadagni saranno tassabili secondo il sistema fiscale nazionale. Un criterio che si attaglia maggiormente alla natura dell’attività delle multinazionali del web, diversamente da quelli di territorialità e destinazione che, secondo Cardani e non solo, sono stati decisamente superati dalla dematerializzazione delle attività digitali. (V.D. per NL)