“I soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate ovvero ad un ufficio provinciale dell’imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia; la dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. L’ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell’attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page dell’eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto”: così recita il testo di legge vigente (Art. 35 Dpr n. 633/1971), che obbliga imprenditori, artisti e professionisti in genere a pubblicare, sulle home page dei siti connessi alle proprie attività, il codice di partita Iva attribuito dall’Agenzia delle Entrate di riferimento. L’obbligo, ancora poco noto, contempla anche multe salate per l’eventuale violazione dello stesso: pene variabili da un minimo di 258,23 euro ad un massimo di 2.065,83 euro.
Secondo quanto divulgato dall’Agenzia dell’Entrate, il Dre della Liguria, regione dove sono già partiti controlli capillari, avrebbe già individuato 81 siti in fallo, che dunque non esibiscono il numero di partita Iva sulla home page. Tra i siti più colpiti troviamo quelli di agriturismi, agenzie immobiliari, istituti di bellezza e, paradossalmente, anche di avvocati. (Marco Menoncello per NL)