E’ stato introdotto con la Finanziaria 2008, il regime pensato e creato per le imprese ed i professionisti con un giro d’affari limitato a 30.000 euro l’anno.
Si applica automaticamente alle mini attività economiche, senza che imprenditori e professionisti debbano esercitare una specifica opzione. Il regime consente ai contribuenti minimi di pagare un’imposta forfetaria del 20% sul reddito. In un colpo solo, quindi, il contribuente ha eliminato la tassazione ordinaria a fini IRPEF, le addizionali regionali e comunali IRPEF, l’IRAP, l’IVA e gli studi di settore. Di questo particolare regime “agevolato” possono goderne tutte le persone fisiche titolari di partita IVA con le predette soglie annue di reddito (30.000 euro) e un limite massimo di 15.000 euro per quel che attiene ai beni strumentali acquistati nel triennio precedente. Superate dette soglie, l’applicazione di questo regime decade automaticamente. In ogni caso, non bisogna lasciarsi allettare senza riflessione dai benefici della semplificazione, in quanto il regime ordinario – in certi casi – potrebbe risultare più conveniente, allo stesso modo del regime cd. del “forfettino” il quale – per le nuove attività è spesso vincente (tassazione con aliquota al 10%, pagamento dell’IRAP e applicazione del regime IVA). Il regime dei minimi è certamente vantaggioso, lo dicevamo, per chi ha redditi vicini alla soglia limite dei 30.000 euro e se si compiono pochi acquisti con IVA, dato che l’imposta non è detraibile. E’ appetibile anche per chi presenta redditi di altra natura (pensione, fabbricati) in quanto con l’imposta fissa del 20% i redditi sfuggono alla tassazione progressiva. Nel confronto con il regime delle nuove attività produttive (il cd. forfettino) il regime dei minimi può risultare perdente. Il forfettino prevede, infatti, la tassazione con l’aliquota del 10% (e non del 20%), anche se, in presenza di autonoma organizzazione, è attualmente ancora dovuta l’IRAP (3,9% con franchigia di 7.350 euro). Inoltre, è possibile detrarre l’IVA sugli acquisti. Il forfettino presenta l’evidente limite di poter essere sfruttato solo per il primo triennio di apertura della partita IVA. Giusto per fare un esempio: il professionista con un compenso annuo pari a 30.000 – vicino al valore soglia – con costi di gestione pari a 2.000 euro, quindi con reddito imponibile di 28.000 euro ha un risparmio di imposte di 1.097 euro (5.256 euro per i contribuenti ordinari contro i 4.159 dei contribuenti minimi). Se lo stesso lavoratore autonomo avesse un reddito pari a 20.000, il risparmio di imposte scenderebbe ad appena 21 euro (2.695 per gli ordinari e 2.674 per i minimi).Il risparmio di imposte più elevato si ha, quindi, in prossimità di redditi vicini alla soglia massima di reddito consentita. (L.B. per NL)
Si applica automaticamente alle mini attività economiche, senza che imprenditori e professionisti debbano esercitare una specifica opzione. Il regime consente ai contribuenti minimi di pagare un’imposta forfetaria del 20% sul reddito. In un colpo solo, quindi, il contribuente ha eliminato la tassazione ordinaria a fini IRPEF, le addizionali regionali e comunali IRPEF, l’IRAP, l’IVA e gli studi di settore. Di questo particolare regime “agevolato” possono goderne tutte le persone fisiche titolari di partita IVA con le predette soglie annue di reddito (30.000 euro) e un limite massimo di 15.000 euro per quel che attiene ai beni strumentali acquistati nel triennio precedente. Superate dette soglie, l’applicazione di questo regime decade automaticamente. In ogni caso, non bisogna lasciarsi allettare senza riflessione dai benefici della semplificazione, in quanto il regime ordinario – in certi casi – potrebbe risultare più conveniente, allo stesso modo del regime cd. del “forfettino” il quale – per le nuove attività è spesso vincente (tassazione con aliquota al 10%, pagamento dell’IRAP e applicazione del regime IVA). Il regime dei minimi è certamente vantaggioso, lo dicevamo, per chi ha redditi vicini alla soglia limite dei 30.000 euro e se si compiono pochi acquisti con IVA, dato che l’imposta non è detraibile. E’ appetibile anche per chi presenta redditi di altra natura (pensione, fabbricati) in quanto con l’imposta fissa del 20% i redditi sfuggono alla tassazione progressiva. Nel confronto con il regime delle nuove attività produttive (il cd. forfettino) il regime dei minimi può risultare perdente. Il forfettino prevede, infatti, la tassazione con l’aliquota del 10% (e non del 20%), anche se, in presenza di autonoma organizzazione, è attualmente ancora dovuta l’IRAP (3,9% con franchigia di 7.350 euro). Inoltre, è possibile detrarre l’IVA sugli acquisti. Il forfettino presenta l’evidente limite di poter essere sfruttato solo per il primo triennio di apertura della partita IVA. Giusto per fare un esempio: il professionista con un compenso annuo pari a 30.000 – vicino al valore soglia – con costi di gestione pari a 2.000 euro, quindi con reddito imponibile di 28.000 euro ha un risparmio di imposte di 1.097 euro (5.256 euro per i contribuenti ordinari contro i 4.159 dei contribuenti minimi). Se lo stesso lavoratore autonomo avesse un reddito pari a 20.000, il risparmio di imposte scenderebbe ad appena 21 euro (2.695 per gli ordinari e 2.674 per i minimi).Il risparmio di imposte più elevato si ha, quindi, in prossimità di redditi vicini alla soglia massima di reddito consentita. (L.B. per NL)