Fiorello (foto) tornerà su Radiodue, questo è certo. Dal 28 gennaio (inizialmente doveva essere il 21), infatti, andrà nuovamente a far coppia con Marco Baldini nel loro show “Viva Radiodue”, ormai entrato di diritto a far parte degli annali della radiofonia italiana. Come era stato annunciato da “mamma Rai”, infatti, la verve dello showman più ambito d’Italia si sarebbe, ancora per un’altra stagione, concentrata sul mezzo radiofonico. Salvo un piccolo “contentino” per Del Noce, una fascetta quotidiana di due minuti (lo show più breve della tv), dopo il tg delle 20, dal titolo “Viva Radiodue…minuti”, in cui l’anchorman siciliano avrebbe fatto un resoconto sull’attualità, nel suo solito stile scherzoso, concentrando tutto in soli due minuti. Una sorta d’esperimento televisivo, da un lato, un modo per non sprecare troppe energie in un mezzo nel quale non si riconosce, dall’altro.
Ora, però, pare che più di qualche nube sia scesa sull’accordo tra Del Noce e Fiorello, al punto da mettere in pericolo la messa in onda dello show. Secondo alcuni rumors il comico sarebbe irritato dalla scarsa copertura pubblicitaria riservatagli, al contrario di quanto avvenuto con le trasmissioni-evento di Benigni e Celentano. Secondo più voci più concrete, invece, il baraccone-Raiuno, sempre alle prese con uno svariato numero di problemi, starebbe meditando l’ipotesi di risparmiare sull’oneroso contratto che spetterebbe a Fiorello per mere ragioni economiche. Mandando in malora la propria “mission” da servizio pubblico. Gennaio, infatti, non fa parte del periodo di garanzia. Non frutta introiti da parte degli investitori pubblicitari, in soldoni. Sarebbe più intelligente, pertanto, “sfruttare” l’appeal di Fiorello e i suoi certi ascolti da capogiro per un periodo più fruttuoso. Come settembre, ad esempio. Oltretutto la fascia oraria scelta da Fiorello lo costringerebbe a scontrarsi col colosso “Striscia” e inimicherebbe Antonio Ricci coi vertici di Raiuno, in questo gioco perverso di amicizie-inimicizie e scontri-compormessi. Dimenticando quello che, invece, dovrebbe essere il fine, ultimo e solo, del servizio pubblico. (Giuseppe Colucci per NL)