Agcom non ha perso l’occasione per farsi tirare per la giacca dall’UE.
Come se la nostra tendenza ad essere irriguardosi degli impegni assunti non ci avesse già sufficientemente (s)qualificati agli occhi del mondo, il nostrano regolatore delle tlc ha deciso di richiamare gli occhi sovranazionali sull’assegnazione del digital dividend. Già, perché la decisione di privare i nuovi entranti televisivi (o i miniplayer attivi in posizione di sudditanza verso RAI e Mediaset) delle migliori frequenze della riserva digitale, destinandole alle compagnie telefoniche (in vista dell’ulteriore sviluppo della tecnologia LTE) ed alla soluzione delle problematiche interferenziali (affiorate con l’applicazione di uno sconclusionato piano di assegnazione DTT che in uno stato appena serio nemmeno sarebbe stato posato sul tavolo), ha visibilmente innervosito l’UE, che attende, con sempre minore fiducia e tolleranza, di poter chiudere la procedura d’infrazione avviata contro l’Italia. Ora, come andrà a finire è facile immaginarlo: ammesso e non concesso che l’Unione non ci dia il calcio che ci meriteremmo, irrogandoci la meritata sanzione, l’asta andrà deserta o, al più, sarà caratterizzata da offerte pari alla scarsa qualità della merce. Con buona pace per le (s)casse statali e per la gioia di un duopolio televisivo che, mentre affonda il titanic, danza con una classe politica sconfessata dal popolo.