Mentre dei tavoli tecnici per le assegnazioni dei canali DVB-T nel nord Italia si sono perse le tracce, è attesa la ripianificazione su base nazionale delle frequenze per il digitale terrestre.
Essa discende dall’annunciata revisione del Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze da parte di Agcom in vista della gara per il dividendo, che dovrebbe sostanziarsi (tra le altre cose) nella realizzazione di reti nazionali in tecnica k-SFN, cioè reti miste MFN estese localmente con reti SFN (stesso canale nella medesima area tecnica, ma diverso tra le varie aree tecniche), tese a servire una maggiore percentuale di territorio e a raggiungere più utenti. La naturale conseguenza di ciò sarà la modifica e/o l’integrazione, ancorché parziale, delle frequenze già assegnate agli operatori nazionali, con inevitabili ricadute su quelli locali (nessuno può star tranquillo, perché potranno essere rimesse in discussione anche le assegnazioni già intervenute). E ciò in quanto, per far ciò, sarà evidentemente necessario un maggior numero di frequenze per i broadcaster abilitati a servire l’intero territorio italiano. Insomma, il solito pasticcio italiano che immancabilmente si manifesta ogni volta che si tenta di fare un Piano delle frequenze. Del resto, che si intendesse rimettere mano alle assegnazioni lo avevamo capito dall’epilogo (epilogo?) della vicenda Europa 7. Così, per curare le ferite delle reti nazionali messe in crisi dalla dabbenaggine con la quale si è voluta applicare nel nostro paese – unico ad averlo fatto e perciò guardato con ribrezzo tecnico dal resto d’Europa – la tecnologia SFN, si utilizzeranno come cerotti le già insufficienti frequenze destinate alle emittenti locali. Ma ciò non è certo una novità.