Vittorio Feltri (foto) diffamò il Pm del Tribunale di Potenza Henry John Woodcock. Il giudice monocratico di Monza ha, infatti, condannato il direttore di “Libero” ad una multa pari a 900 euro in seguito ad un articolo diffamatorio firmato da Feltri lo scorso 17 giugno. “Che bordello, hanno arrestato il re” era il titolo dell’articolo, nell’ambito della tribolata questione relativa all’arresto, per ordine di Woodcock, dell’erede della famiglia Savoia, Vittorio Emanuele. L’inchiesta, denominata, appunto, “Savoiagate”, vide l’arresto dell’erede della famiglia reale con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, ed associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell’ambito di attività legate al casinò di Campione d’Italia. L’indagine portò a coinvolgere 24 persone, di cui 13 vennero arrestate. Di queste, 7 finirono in carcere e 6 agli arresti domiciliari, tra cui il sindaco di Campione d’Italia Roberto Salmoiraghi e Salvatore Sottile, portavoce di Gianfranco Fini, presidente di AN.
Il 13 Marzo 2007 i Pm della Procura di Como, cui era stata affidata l’inchiesta per competenza territoriale, dopo aver ascoltato le intercettazioni integrali (compresi perciò gli “omissis”), hanno chiesto al Gip l’archiviazione della posizione di Vittorio Emanuele di Savoia e di tutti gli altri indagati dai reati di “corruzione per i contratti di procacciamento clienti del casinò e di sfruttamento della prostituzione per il reclutamento di prostitute per i frequentatori della casa da gioco di Campione”. Feltri, però, nell’occasione sopra citata diffamò il Pm Woodcock, ed oggi è arrivata la sentenza di condanna nei suoi confronti.
Non è certo la prima volta che accade una cosa del genere al vulcanico ex direttore de “Il Giornale”. Poco più di un anno fa, infatti, il giudice monocratico di Bologna lo aveva condannato a 18 mesi di reclusione per un reato d’opinione nei confronti dell’ex senatore diessino Gerardo Chiaromonte, accusato dalle pagine di “Qn” (era la fine degli anni novanta) di far parte del famigerato “dossier Mitrockhin”. Questa volta, almeno, se l’è cavata solo con una multa. (Giuseppe Colucci per NL)