Non sono servite le Olimpiadi, com’era facile attendersi, a ridefinire i parametri utilizzati dall’Impero Celeste nei confronti del concetto di libertà interna.
Certo, la manifestazione sportiva, con il grado di visibilità che aveva dato a pechino ed alla Cina intera, aveva spinto il governo cinese a prendere provvedimenti, rivelatisi successivamente effimeri. Oltre alle ben note questioni del Tibet (è notizia di oggi il gelo creatosi con Washington dopo l’annuncio di Obama di voler ricevere il Dalai Lama alla casa Bianca) e quelle di internet (la querelle infinita con Google, la censura continua), si aggiunge altra carne al fuoco. È il rapporto annuale che la federazione internazionale dei giornalisti, organismo con sede a Bruxelles, ogni stila circa il rapporto tra il mondo dell’informazione ed i governi. E proprio questo rapporto sottolinea come i buoni propositi di Pechino si siano rivelati un nulla di fatto. Si legge, infatti, che invece di diminuire i casi di repressione nei confronti dei giornalisti sono aumentati, e gli esempi sarebbero numerosi. Si passa dai provvedimenti contro i cronisti nell’ambito “degli eventi legati all’agitazione sociale e alle manifestazioni contro il regime”, sino alle “foto di attrici che posano a seno nudo su una spiaggia dei Caraibi”. “Le autorità hanno cercato di riprendere il controllo sui media e l’informazione concentrandosi sul potere crescente di Internet”, si legge nella nota della Fig, passando dai divieti verso i social network alle incursioni nei sistemi di Google. Paradigmatico del clima che si respira in Cina è il caso del giornalista Xiang Xi, che lo scorso mese di novembre aveva intervistato il Presidente americano Barack Obama, in occasione del suo viaggio in Asia, per la rivista Southern Weekend, non nuova ad episodi di critica aspra nei confronti del governo di Pechino. L’intervista del giornalista non era piaciuta ai vertici statali che avevano posto il veto sulla sua pubblicazione. Il magazine, però, aveva deciso di pubblicarla ugualmente, in versione ridotta, e con degli spazi bianchi ad indicare la manna della censura caduta in quei punti. Come si legge sul portale www.cinaoggi.it, tra l’altro, questa tecnica di utilizzare gli spazi bianchi per mettere in risalto la censura era utilizzata già in tempi non sospetti, negli anni quaranta, da parte dei fogli comunisti, in segno di protesta contro le censure messe in atto dai nazionalisti. (G.M. per NL)