Fatti spiare, per il bene dei rating tv

Un cellulare-cimice capace di spedire 20 secondi di intercettazione audio al minuto ad un server centrale. Per sapere cosa l’utente sta guardando e tracciare i reali ascolti di radio e televisioni


da Punto Informatico

Roma – Le nuove misurazioni della reale audience di radio e televisioni potrebbero passare per un sistemino innovativo, invasivo e particolarissimo messo a punto da Integrated Media Measurement Inc., che ha presentato il suo IMMI, in pratica una cimice, sottoforma di cellulare da affidare a volontari desiderosi di far sapere all’azienda molte cose su di sé.

In particolare, si legge nella pagina tecnica dedicata, il sistemone confronta le clip audio raccolte dai cellulari delle vittime dei volontari con un database audio studiato appositamente: confrontando l’audio televisivo o radiofonico registrato dal cellulare e spedito ai suoi server, l’azienda si dice in grado di sapere cosa l’utente stia ascoltando o vedendo in un dato momento.

A chi accetta di far parte di questo singolarissimo network, l’azienda offre un cellulare del tutto simile ad un qualsiasi dispositivo di comunicazione mobile, ma dotato di una funzionalità che cattura 10 secondi di audio ogni 30 secondi.

Che si tratti di film in DVD, rappresentazioni cinematografiche, televisione o radio, assicura l’azienda, tutto può essere “intercettato” e, dunque, identificato. In questo modo, con un alto numero di volontari, sarebbe sulla carta possibile determinare una percentuale attendibile di audience, elemento essenziale per la gestione della raccolta pubblicitaria sui media coinvolti.

Tutto questo, evidentemente, solleva almeno qualche domanda sul fronte della privacy. Domande che secondo l’azienda trovano tutte le risposte in IMMI: il giochino sarebbe pensato per catturare solo le fingerprint dell’audio raccolto, ovvero gli elementi identificativi di questo o quello show radiotv, e non sarebbe invece in grado di registrare l’audio nella sua integrità. Secondo l’azienda le clip audio non vengono proprio registrate: dopo essere state elaborate, dell’audio originale non rimane che un codice identificativo, una data e un’ora.

Amanda Welsh, COO dell’azienda, ha dichiarato a questo proposito che “se uno porta con sé il nostro telefonino e pianifica una rapina in banca mentre ascolta la radio, tutto quello che sapremo è qual è la stazione radio che quella persona stava ascoltando”.

L’idea di IMMI in sé non è del tutto originale. Come ben sanno i lettori di Punto Informatico anche Google ci sta lavorando sopra, in una versione che però è pensata per “ascoltare” l’audio in un ambiente domestico per identificare, anche in questo caso, il tipo di “media” di cui si sta fruendo. Un progetto che mira a creare un profilo statistico dei soggetti, in modo da personalizzare la pubblicità da far arrivare loro. Nel caso di IMMI, invece, l’azienda assicura che sebbene il campione di volontari debba essere selezionato secondo principi statistici, i dati via via registrati non sono collegati al singolo volontario, ma trattati come parte del campione nella sua interezza.

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