Questa settimana è avvenuto un fatto gravissimo, foriero di responsabilità rilevanti, portato all’evidenza solo da NL. Parliamo dell’audizione pubblica sul progetto di riforma del TUSMAR, il Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici Digitali in attuazione della direttiva UE 2018/1808, che si concluderà preliminarmente entro la prima decina del mese di agosto 2021. Tra le varie novelle (che stiamo approfondendo), una ha scatenato l’inferno: l’estensione dell’ambito diffusivo delle radio locali, normalizzato rispetto a quello delle tv locali, ampliabile dall’attuale tetto di 15 mln di abitanti al 50% della popolazione nazionale. In sostanza, circa 30 mln di abitanti.
Il diavolo pentolaio
L’analisi di merito sull’opportunità di questa modifica l’abbiamo già effettuata nell’articolo che ha scoperchiato la pentola (innervosendo chi preferiva rimanesse all’interno della stanza dei bottoni).
Nascondoni
Il fatto gravissimo, dicevamo, è che la maggior parte delle emittenti locali non fosse stata informata della questione. E quindi della discussione in corso che le riguardava e per la quale erano state formalizzate posizioni.
Il paio
La vicenda fa peraltro il paio con un altro fatto di cui NL è venuto a conoscenza in questi giorni. Come noto, col refarming della banda 700 MHz, al di là di qualsiasi revisione della quota di capacità trasmissiva pro capite, non ci sarà spazio per tutti i fornitori di servizi di media audiovisivi locali. Chi dice il contrario o mente o non ha chiaro il quadro della situazione (entrambe le fattispecie sono comunque gravi).
Il salvabile
NL ha portato – da tempo – in evidenza la questione ed ha avanzato una proposta per cercare di non perdere il patrimonio contenutistico maturato fin qui. Parliamo di potenziare, attraverso esposizione su LCN areali pregiati, l’emergente utilizzo della HBBTV per la ricollocazione dei marchi/palinsesti che non troveranno spazio sul DTT di seconda generazione.
HBBTV o morte: cosa scegli?
L’Associazione Tv Locali di Confindustria Radio Tv ha coscienziosamente acquisito questa proposta e l’ha inserita nel documento ufficiale presentato al Mise.
Nel confronto, tuttavia, non c’è stata condivisione tra altre associazioni audite, che hanno liquidato l’idea come inefficace e non meritevole di approfondimento perché la smart tv sarebbe in Italia ancora un’utopia (come lo sarebbe, secondo loro, Netflix, evidentemente).
Contributi
Il tutto – a quanto riferitoci – davanti ad un Mise preoccupato della (peraltro irrealizzabile alla vigenza del DPR 146/2017) possibile richiesta di estensione dei contributi pubblici ai fornitori di servizi di media audiovisivi only IP.
Responsabilità inserita nell’ordine del giorno del closing del processo di transizione
Una bella responsabilità, che non mancheremo di portare in evidenza quando, inevitabilmente, nel 2022, bisognerà fare il bilancio di sopravvissuti e morti. Senza feriti.
Che avrebbero potuto essere curati sulla piattaforma bocciata.