Nel DTT non c’è spazio per tutti, dappertutto. Nel Lazio come in Campania, in Lombardia come nel Piemonte (orientale), la modalità prescelta per far migrare l’esistente analogico al digitale, riservando spazi ai nuovi entranti, si sta prefigurando inidonea.
Ma una strada per risolvere il problema ci sarebbe, anche se all’italiana. Quale è presto detto.
Si sa che col digitale nessuno avrà più di quanto aveva in analogico (salvi i superplayer, beninteso). L’applicazione pratica di tale principio è la valutazione dei diritti di copertura in funzione delle teste analogiche effettivamente “illuminate” (e non “illuminabili”). Che, tradotto, significa che se avevi una situazione interferenziale drammatica, che degradava il tuo impianto regionale ad un servizio provinciale, beh, allora potrai vantare un interesse legittimo solo per quella provincia effettivamente servita.
Così opinando, chi ha investito (e tutelato il servizio) dovrebbe preservare la propria diffusione; viceversa, chi anziché promuovere lo sviluppo della rete ha pensato solo a mettersi i soldi in saccoccia o ha lucrato sulla cessione degli impianti o ancora si è disinteressato al rosicchiamento del bacino da parte dei concorrenti, non potrà pretendere di sfruttare l’opportunità tv numerica per riagguantare dalla finestra quello che ha fatto scientemente svolazzare via dalla porta. Pertanto, per equità di trattamento, anche i nazionali non potrebbero e dovrebbero ottenere più di quello che avevano con la tv vecchia maniera, solo per il fatto di essere giuridicamente tali.
Del resto, perché reti nazionali di carta dovrebbero di colpo diventare reali in barba a coloro che hanno investito fior di milioni di euro? Perché, allora, non limitare l’estensione digitale della copertura dei network di cartone al loro servizio effettivo analogico, vincolandone l’espansione alla eventuale disponibilità di risorse frequenziali dopo aver preservato l’esistente?
Tanto facendo, comparirebbero, negli ampi ritagli di copertura delle nazionali virtuali, centinaia di frequenze che potrebbero garantire la sopravvivenza delle stazioni locali.
Salvando capra e cavoli.