Gli utenti iscritti rimangono gli unici garanti del valore di Facebook. Ma qual è lo scopo di una creazione simile?
Novembre 2008: l’organizzazione Simon Wiesenthal, il cui omonimo fondatore, sopravvissuto all’Olocausto, è impegnato dal termine della Seconda guerra mondiale alla ricerca di criminali nazisti perché siano regolarmente processati, chiede e ottiene la rimozione di alcune pagine fastidiose da Facebook. Il social network di Mark Zuckerberg non aveva attentamente filtrato le pubblicazioni di un gruppo di neonazisti italiani che incitavano alla libera aggressione delle popolazioni rom. Il richiamo di Wiesenthal è puntuale quanto l’oscuramento delle pagine reclamate. Dicembre 2008: le regole sembrano cambiare. Facebook comincia a filtrare alcuni dei propri contenuti, ma il caso vuole che si parte (presumibilmente) da quello sbagliato. Il gruppo delle “Madri che allattano al seno” (una mossa “sociale” di migliaia di madri desiderose di rimarcare la naturalezza delle proprie figure – di fatto non scandalose – in un momento tanto privato quanto delicato come quello dell’allattamento) viene giudicato aspramente dai responsabili del social network. Molte delle immagini sono censurate. Una miriade di internauti supportano il gruppo delle madri, convinti che Facebook abbia evidente “toppato”, filtrando quindi i contenuti di una comunità che non aveva motivo di ricevere un simile trattamento. Gennaio 2008: prosegue la ricerca di immagini, testi o video scomodi per la pacifica convivenza degli internauti, ma sembra che nessuno abbia ancora fatto a caso al profilo (reale?) di Totò Riina che non solo è parte dei “personaggi famosi” di Facebook, ma possiede anche oltre 6mila simpatizzanti. Che sia o no uno scherzo, stampa e esperti del settore sono decisi a non perdonare un simile errore. La confusione dilaga nel prodotto (originale?) di Zuckerberg e, sebbene Facebook abbia dato un risvolto moderno alle pubbliche relazioni, abbia fatto parlare di sé più di ogni altra creazione analoga nel suo settore e sia senza dubbio un portale di successo oltre che competitivo, sembra assurdo che non abbia un risvolto concretamente commerciale tale da risvegliare l’interesse da parte di potenti acquirenti. Sono in molti, a questo punto, a porsi le stesse domande: oltre alle consolidate potenzialità sociali, quale può essere l’utilità commerciale di questo popolarissimo network? Consapevoli inoltre che il valore di Facebook ha da poco sorpassato i 15 miliardi di dollari e il suo fatturato è di solo 150 milioni di dollari (circa un centesimo del suo effettivo valore, provenienti da pubblicità strategicamente celata dietro profili promozionali) viene anche da chiedersi quale potrebbe essere il suo prossimo futuro. Nonostante non ci sia (nemmeno all’orizzonte) il Murdoch di turno, pronto a impossessarsi, come successe per MySpace, di un mezzo tanto immenso e dove la veicolazione di pubblicità dedicata per gli utenti iscritti e attivi (attualmente 140 milioni; circa 5 milioni in Italia) sembra altrettanto semplice, Microsoft avrebbe già ha investito nel 2007 circa 240 milioni di dollari. Ma ci si chiedere ancora, perché? Forse per tenersi aperta una strada per il futuro? Forse perché se non è andata bene con Yahoo! potrebbe andare meglio con Facebook? Domande ancora senza risposta, che lasciano un vuoto o addirittura un lieve timore. Quello che FB possa finire nel dimenticatoio come è successo (complice la stampa internazionale) per Second Life. Possibile? Gli internauti non potrebbero perdonare una simile disfatta. Ma in questo caso, una nuova community potrebbe bastare a calmare gli animi. (Marco Menoncello per NL)