Secondo uno studio americano recente, l’80% dei molto-benestanti usa i social network, ma quali? Gli ultraricchi snobbano la troppo affollata città di Facebook e creano delle isole on line per condividere cultura, denaro e business.
Ebbene sì: mentre noi siamo occupati a taggare le foto della serata, commentare gli status e sbirciare la vita degli pseudo-amici della rete, i ricchi chattano, organizzano eventi mondani con i guru dell’economia, condividono idee per investire e fanno joint-venture. Nei siti d’èlite non circolano proposte di amicizia, bensì proposte di business: il risultato è un network poco social e molto financial, nel quale non si imita, ma ci si distingue. Il termine “esclusivo” è stato deformato al punto che tutto è potenzialmente alla mercè di tutti, cani e porci. Sembra che i ricchi se ne siano accorti e affamati di privacy si godono i benefici e i vantaggi della rete, attraverso i club on line, nei quali i membri sono selezionati e divisi in base alla ricchezza posseduta. Si tratta di nicchie del web lontane da sguardi indiscreti e accessibili solo da celebrità, politici, imprenditori e gente benestante in cerca di riservatezza. Caroline Garham, avvocato specializzato in materia di tasse e successioni di uno studio legale di Londra, ha fondato tre anni fa Family Bhive, un internet resort diviso in tre classi sociali, determinate in base al portafoglio: classe Jet sopra i 100 milioni, Giada dai 20 ai 100, classe Ambra dai 5 ai 20 milioni e accesso vietato ai detentori di un tesoretto sotto i 5 milioni. L’aumento del fenomeno inglese è dato dalla nascita di altre isole on line: Peers, Ecademy e Pi Capital ossia veri e propri luoghi di scambio di proposte e strumenti di investimento al fine di trasformare la condivisione in strategia di business. La storia ci insegna che il ricco è il primo a sposare la tecnologia, dall’ascensore allo smartphone, dalla tv ai tablets; ma è davvero così forte da non cedere alla tentazione di esibire l’esclusivo? Magari no, ma di certo sceglie una condivisione di qualità, seleziona con chi sbottonare la sua privacy e soprattutto coniuga la rete ad un fine, ossia denaro, affari e cultura, in ogni caso qualcosa che si discosta dal popolare e dichiarato pettegolezzo di Facebook. Con la classe sociale cambia anche il pudore nel mettersi in rete: non è necessario esibire ciò che si ha, il possesso non si perfeziona con gli occhi degli altri. (C.S. per NL)