Non mancano il camice, le mascherine, i guanti in lattice e le doverose precauzioni igieniche; ma anche sigarette, ignorante ilarità e un magro rispetto.
Tre infermiere si divertono in ospedale a mascherarsi con garze, senza pudore, e una gran voglia di rendere pubblica la loro “serietà” su Facebook. Il tutto, in una stanza a pochissima distanza dai malati terminali. Non è uno scherzo e non è carnevale. Siamo nel reparto rianimazione dell’ospedale Misericordia e Dolce di Grosseto. Ed è proprio così: le foto finite (per fortuna) sul social network ritraggono tre professionali infermiere che si mascherano, nel relax di una sigaretta, con garze, cerotti e fasce dell’ospedale, sulle quali spicca una scritta di colore rosso sangue “no morfina”. È inquietante, se pensiamo al luogo, alle vite sospese che lottano nel reparto, e ai parenti che soffrono l’attesa. Lo sdegno e la vergogna non possono che impadronirsi di noi. Soprattutto in un luogo dove pazienti intubati sono appesi a un filo, la cui resistenza dipende dalla cura, dalla fiducia e dalle competenze del personale medico. Purtroppo a volte “ignaro” della sua missione. Ragion per cui, l’Asl provvede con una sospensione cautelare del personale colpevole, ma l’inchiesta deve andare oltre, soprattutto per garantire una tutela ai pazienti. La peculiarità è scoprire la scenetta attraverso Facebook, ormai contenitore di spettacoli e frammenti di vita a volte alquanto imbarazzanti. Esibizionismo ai limiti del possibile, ma per mostrare cosa? Le tre infermiere e la dottoressa non si sono vergognate del “giochetto”: hanno piuttosto voluto mostrarlo quanto prima agli amici della rete. L’esuberanza e l’ignoranza rendono palese la gravità della situazione. È inevitabile chiedersi dove sia finito il cervello, il buon senso, la morale, il pudore e la professionalità. La colpa questa volta non è della vetrina del social network, la quale, invece, ci permette di captare dei segnali d’allarme, e purtroppo capire che forse l’uomo non ha la padronanza dello strumento, o forse nemmeno di se stesso, perché sembra perdere la cognizione del reale e si mostra fino a spogliarsi di dignità. Si tratta di ammettere, ancora una volta, che l’occhio di Facebook ci stuzzica, crea dipendenza, ma non concede sconti. La vetrina è prima di tutto nostra, e quindi decidiamo se essere riservati, educati, sfrontati o fuori luogo. Quasi come nella vita. Nessuno ci impone nulla, ma lo sbaglio e l’indecenza non passando inosservati, si pagano. (C.S. per NL)