Venerdì 24 aprile, durante il programma “L’era glaciale” (mai nome più azzeccato, visto poi come andranno le cose) su Raidue in seconda serata, è in onda un’intervista di Daria Bignardi al ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta. Lei non lo sa ancora, ma sarà la sua waterloo. Già, perché Brunetta non la manderà proprio giù, l’incauta storpiatura del nome dell’illustre promotore dello Statuto dei Lavoratori e del sistema previdenziale italiano, nonché ministro del Lavoro durante il II° Governo Rumor (1968-69) Giacomo Brodolini (nella foto sotto a destra). Tutto parte come da copione. L’intervista è incentrata sull’ultimo libro del professor Brunetta, “Rivoluzione in corso”. Incipit tranquillo, con progressione lineare. Finché l’uomo del governo sgrana (letteralmente) gli occhi. E il 99,9% degli italiani davanti al teleschermo si chiede cosa sia successo. E’ accaduto che la sventurata giornalista, nel porre una domanda riguardante appunto il libro, abbia commesso una gaffe: “Dopo la carriera universitaria a Padova, arriva il primo incarico romano, alla Fondazione Brandolini…”. Apriti cielo. Insorge il ministro: “No!? cosa dice?…Brodolini!”, mentre l’incauta e infastidita Bignardi cerca di sdrammatizzare: “Ma sì, Brandolini, Brodolini; non sono queste le cose che contano…” (il pubblico applaude la Bignardi, con italica comprensione). Peggio che andar di notte! Il ministro, su cui ha nel frattempo preso il sopravvento il professore, incalza sempre più incredulo: “Cosa dice?! Cosa dice!”. Brevi, ma intense battute (vedere su Youtube per credere), che bastano però a sgretolare il già debole rapporto di cordialità tra i due. Ma, ahilei, l’intervista è solo all’inizio. Brunetta, si sa, non perdona e davanti ad una Bignardi che minimizza, reagisce: “Lei in questo momento ha detto una bestemmia”. Così, il professore, che ormai ha del tutto sostituito il politico, spiega alla studentessa tapina chi era e cosa ha fatto il protagonista dell’acceso dibattito ed alla cui Fondazione (appunto, Brodolini) egli ha prestato la propria opera come direttore per un ventennio. La conclusione è lapidaria: “Evidentemente non lo conosce” mettendosi teatralmente le mani sul volto (sic!), come probabilmente tante volte ha fatto durante gli esami ai suoi studenti. Fa seguito l’ammissione di ignoranza della sprofondata Bignardi, che cerca di scaricare la colpa sulla redazione che ha predisposto i fogli della intervista riportando l’errore, ma così facendo presta il fianco al Brunetta castigamatti delle inefficienti (per principio) aziende pubbliche: "Con quaranta persone che lavorano per lei?". La sentenza è impietosa e inappellabile: “Se fosse mia allieva la boccerei”. Non basta, perché alla bocciatura segue il lancio del libretto del cattedratico inorridito verso la studentessa che ha dolosamente solo sfogliato il suo testo d’esame. “Se avesse letto il libro… ma lei non l’ha letto!”. La studentessa, pardon, la giornalista, ammette che, sì, effettivamente, il libro lei non lo ha letto tutto, ma solo quello che le interessava. E dal cielo, che già si era aperto, piove di tutto. Tanto che il resto dell’intervista è una palcoscenica escalation di emozioni (per il telespettatore) degna di un reality. Alle residue impacciate e imprecise domande della capitolata giornalista il professore reagisce determinato ed inflessibile, smentendo o precisando senza indugio, con l’unico obiettivo di conseguire una resa incondizionata della intervistratrice in disfatta. L’intervista degrada. La Bignardi insiste nel tentativo di preservare il taglio giornalistico della ormai degenerata trasmissione, con fare accomodante ed a volte mortificato (però senza troppa convinzione, va detto). Ma oramai les jeux sont faits. Il ministro Brunetta è pietrificato e quello che accadde poi, tutto è tranne che un confronto pacifico: precisazioni, puntualizzazioni, battutine inutili, sorrisi taglienti ed altro non degno di nota. Non si passa, nemmeno implorando la domanda di riserva. La bocciatura per il servizio informativo pubblico è piena. Il prof. Brunetta non accetta giustificazioni. E per la Bignardi non resta che una speranza. Tentare il prossimo esame con l’assistente. Perché il prof non dimentica. (G.M. per NL)