Centinaia di persone in fila all’ingresso della camera ardente della clinica Capitanio in Via Quadronno a Milano, dove ieri mattina si è spento un pezzo d’Italia, un pezzo di storia del secolo scorso. Per l’ultimo saluto ad Enzo Biagi erano in molti, tant’è che oggi hanno dovuto riaprire la camera per le visite. Gente comune e gente dello spettacolo, della politica, dell’informazione: dall’ex c.t. della Nazionale, Enzo Bearzot, a tutte le cariche pubbliche di Milano e della Lombardia, dal regista Antonio Ricci all’a.d. di Rcs, Antonello Perricone. Tanti colleghi soprattutto, da Gad Lerner a Fabio Fazio, da Candido Cannavò ad Emilio Fede, e poi tanti allievi, tanti aspiranti giornalisti, che hanno voluto rendere omaggio a quello che, probabilmente, ha rappresentato il massimo esempio di ciò che a loro piacerebbe diventare da grandi. Lui era lì, vestito di tutto punto, con la cravatta rossa e lo stemma di “Giustizia e Libertà”, la brigata partigiana in cui aveva prestato servizio durante la guerra.
“Hai rappresentato per noi che scriviamo i primi articoli, un esempio da seguire e lo spunto per una riflessione su questo mestiere. Ti penserò ogni volta che mi ritroverò con una penna e un foglio in mano. Nessuno potrà mai eguagliarti, ci mancherai”, recitava un biglietto lasciato lì da una ragazza, studente della scuola di giornalismo. Ma tante sono state le frasi colme d’affetto che gli sono state dedicate, una per tutte quella pronunciata da Roberto Benigni: “Caro Enzo, mi hai fatto sentire libero, senza mai parlarmi di libertà, mi hai fatto sentire onesto, forte, dignitoso e bello. Ci ha fatto tanto bene averti avuto tra di noi”. Proprio quel Roberto Benigni che, in una storica intervista a “Il Fatto”, aveva fatto infuriare Berlusconi, con le conseguenze che tutti conoscono. Proprio l’ex premier, che non si è recato alla camera ardente perché, afferma, non è “solito fare queste cose”, è stato protagonista di una polemica, divampata oggi, dopo le affermazioni revisioniste, rilasciate tra gli stand della Fiera di Milano. “Non c’è mai stato un editto bulgaro né ho mai detto che questi signori non dovevano fare televisione”, ha detto, davanti aglio occhi increduli dei cronisti. “Tutto è stato sconvolto la verità è che io criticai, e la critica è ancora valida, come veniva usata la tv, soprattutto quella pubblica, pagata con i soldi di tutti e dissi che i dirigenti nuovi che verranno dovranno evitare che ciò si ripeta. Non c’era nessuna intenzione di far uscire dalla televisione e neppure di porre veti alla permanenza in tv di chicchessia. Quindi ancora una volta è stato tutto deformato dalla sinistra”. Insomma, si continua a sprecare occasioni per star zitti e placare, almeno durante questi gironi di lutto, la polemica politica.
Polemiche a parte, inevitabili anche quelle quando si parla di un grandissimo personaggio come Enzo Biagi, la morte del giornalista ha sollevato il solito velo di buonismo da parte di tutti, istituzioni in primis. Questa volta, però, l’impressione è che, a parte pochissime eccezioni, il dolore o anche soltanto un piccolo dispiacere per la morte di Biagi, abbia pervaso davvero gli animi di una fetta enorme di popolazione, che si è stretta al fianco delle figlie del giornalista e che ha dimostrato davvero grande attaccamento a questo vecchietto dal viso tenero, dagli occhi commossi, come accade spesso a quell’età, che senza mai alzare la voce e senza mai offendere nessuno, ha tenuto la schiena dritta e la testa alta anche nei momenti peggiori. Pure ad ottant’anni suonati.
I funerali si svolgeranno domani, alle 11 a Pianaccio, il piccolo borgo di Lizzano in Belvedere, sull’Appennino bolognese, dove il giornalista era nato. Sarà seppellito accanto alla moglie Lucia, venuta a mancare recentemente. (Giuseppe Colucci per NL)