Con la sentenza depositata in segreteria il 22/01/2015, il TAR Lazio ha disposto l’annullamento in parte qua, del d.P.C.M. 8/7/2003 recante la “fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici magnetici ed elettromagnetici generati da frequenze comprese tra i 100 KHz e 300 GHz”.
Nel dettaglio, all’attenzione dei giudici amministrativi era stato portato un ricorso introdotto da un operatore televisivo nazionale che si doleva di una pretesa contraddittorietà ed illogicità della prescrizione di cui all’art. 5 del richiamato decreto nella misura in cui esso disponeva, che “nel caso di esposizioni multiple generate da più impianti, la somma dei relativi contributi normalizzati, definiti in allegato C, deve essere minore di uno. In caso contrario si dovrà attuare la riduzione a conformità secondo quanto descritto nell’allegato C” , nonché (il decreto) non prevedeva una gradualità della riduzione in ragione della entità del contributo di inquinamento. Nel proprio esame, i giudici amministrativi osservavano anzitutto come, secondo quanto esposto nelle premesse stesse del decreto in esame, il Governo avesse già provveduto, in ottemperanza all’art. 1, c. 6, L. 249/1997, a fissare i limiti di esposizione con il decreto interministeriale 381/1998, da ciò conseguendo che il decreto oggetto di contenzioso aveva la sola funzione di completare il campo di applicazione come richiesto dalla L. 36/2001, di talché non si poteva rinvenire nella finalità della disciplina alcun elemento idoneo ad indicare che il decreto in menzione avesse una valenza di revisione dei limiti di esposizione per la protezione della popolazione. Svolte siffatte considerazioni, secondo il TAR i limiti non avrebbero potuto essere che quelli indicati nelle tabelle di cui all. B del decreto, che per l’appunto richiamano quelli precedentemente fissati, col risultato che, in ragione di tali limiti, appariva giustificata la disposizione di cui all’art. 5 che prevede in caso di emissioni multiple che la somma sia minore di uno. Tuttavia, detta disposizione, ad avviso dei giudici amministrativi, non trovava, poi, ragionevole coordinamento con la successiva prescrizione, contenuta nell’all. C, richiamato dal cit. art. 5, con riferimento alla riduzione a conformità, in cui è prescritta una riduzione in modo che i vari segnali risultino inferiori a 0,8 “ai fini di una maggior tutela della popolazione”. Tale riduzione, dunque, non aveva la sua giustificazione nella disciplina statale, né l’ulteriore limitazione appariva suffragata da alcuna ratio di modifica dei precedenti valori indicati nella disciplina già emanata, (limite di uno) – come precisato – e posta a protezione della popolazione, con la conseguenza che, secondo il TAR, sarebbe stata suffragata “la censura di parte ricorrente con riferimento alla irragionevole difformità di disposizione relativa ai valori limite nell’ambito della riduzione a conformità”, derivando l’effetto che “nella specie le valutazioni svolte dall’Amministrazione appaiono non conformi ai canoni di logicità e ragionevolezza, rispetto ai quali deve essere esercitato il potere amministrativo”, fondando così il vizio di eccesso di potere sollevato da parte istante. Per i motivi suddetti il TAR accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il d.P.C.M. 8/7/2013 “in parte qua”, con riferimento al valore previsto di riduzione nell’ambito del procedimento di riduzione a conformità di cui all’allegato C, “fatte salve le ulteriori valutazioni ed i provvedimenti che l’Amministrazione vorrà emanare, anche al fine di garantire il rispetto del principio – nazionale e sovrannazionale con portata ormai generale – di proporzionalità nella riduzione delle emissioni in ragione dell’apporto inquinante”. (M.L. per NL)