Importante pronunciamento del TAR Piemonte sull’annosa questione dell’inquinamento elettromagnetico presso il sito di Colle della Maddalena, principale postazione radioelettrica per il servizio sulla città di Torino.
Con sentenza depositata nei giorni scorsi, i giudici amministrativi piemontesi, accogliendo il ricorso di un’emittente radiofonica assistita dall’avv. Mario Mossali (partner Consultmedia, struttura collegata a questo periodico), hanno annullato un’ordinanza del Comune di Pecetto Torinese con la quale il legale rappresentante della radio era stato diffidato ad eseguire la riduzione a conformità in modo da ridurre il valore di campo entro il limite consentito (riferito ai livelli di attenzione) tramite la diminuzione della potenza al connettore d’antenna (con contestuale monitoraggio in remoto della potenza). Di seguito la vicenda che ha condotto ad una decisione destinata a riverberarsi su analoghe procedure in corso. La concessionaria radiofonica privata aveva adito il TAR e impugnato gli atti deducendo di essere titolare di un’impresa radiofonica che si avvaleva di un impianto di radiodiffusione sonora presso il sito denominato “Colle della Maddalena”, ove la Provincia di Torino aveva intrapreso una procedura di risanamento per inquinamento elettromagnetico. A seguito di rilevazioni effettuate dall’A.R.P.A. nel 2000, nel corso delle quali era stato riscontrato il superamento del limite di attenzione 6 V/m da parte di impianti presenti sul colle della Maddalena, la Regione aveva prescritto una prima riduzione a conformità. Interpellato il competente organo periferico del Ministero delle Comunicazioni (oggi Ministero dello Sviluppo Economico), l’Ispettorato territoriale per il Piemonte e la Valle d’Aosta, era quindi stata verificata l’incompatibilità della riduzione ordinata con il permanere della qualità del servizio. I titolari delle stazioni radiofoniche erano stati pertanto diffidati a presentare misure alternative di risanamento e, in data 9/8/2001, era stata indetta apposita conferenza di servizi per addivenire ad una soluzione condivisa tra tutti i Comuni e le amministrazioni interessate nonchè tra le varie emittenti radiofoniche (in tutto 52) presenti nel sito. In data 4/3/2004 erano poi state approvate delle linee guida elaborate dal Politecnico di Torino, mentre con L.R. n. 19 del 3/8/2004 la Regione aveva delegato alle Province l’adozione dei piani di risanamento di cui alla L. n. 36/2001 e, con D.G.R. n. 71 del 2004, erano state approvate le linee guida per il risanamento del sito del Colle della Maddalena; contemporaneamente era stato delegato alla Provincia di Torino il compito di proseguire e concludere l’opera di risanamento. In data 16/1/2006, indetta una nuova conferenza di servizi, si prospettava la costruzione di una unica torre per le telecomunicazioni per la quale, il 2/5/2006, veniva siglato tra la Provincia e i Comuni interessati un Protocollo d’intesa, conferendo ad un ingegnere l’incarico di studiare la fattibilità della struttura (mentre il 21/06/2009 veniva sottoscritto un accordo tra Provincia e Associazioni emittenti del Colle della Maddalena, avente ad oggetto gli indirizzi preliminari per il Piano di Risanamento). Con delibera del 27/7/2010 si dava atto della disponibilità della Provincia e dei Comuni torinesi a condividere il percorso di risanamento, con disponibilità delle emittenti a farsi carico dei costi del medesimo. Ciononostante, in data 31/5/2010, il Comune di Pecetto torinese comunicava l’avvio del procedimento amministrativo finalizzato alla riduzione a conformità delle emissioni prodotte dall’impianto della ricorrente e veniva emessa l’ordinanza impugnata. La ricorrente chiedeva quindi al competente ispettorato territoriale di accertare che la disposta riduzione se la riduzione imposta fosse compatibile con il mantenimento del servizio. Deduceva quindi la ricorrente quale primo motivo di ricorso la "Violazione dell’art. 4 del d.m. n. 381/1998 e degli artt. 6 co. 1 lett. a) e 8 commi 5, 6, 7 e 8 della l.r. n. 19/2004 e dell’art. 5 del DGR n. 39 – 14473 del 29/12/2004. Eccesso di potere e/o incompetenza per l’adozione di un provvedimento in materia attribuita per competenza alla Provincia di Torino ai sensi degli artt. 47 della l.r. n. 44 del 26/4/2000 e 6 della L.R. n. 19 del 3/8/2004. Difetto di istruttoria in relazione al mancato previo accertamento del competente Ispettorato Territoriale Piemonte". Osservava, a riguardo, la ricorrente che, alla luce della normativa statale e regionale le competenze in materia erano distribuite tra le Province, cui spettavano il controllo, la vigilanza, la campagne di misura dell’inquinamento acustico elettromagnetico nonché l’adozione dei piani di risanamento, e i Comuni, cui erano attribuite le funzioni connesse al rilascio di provvedimenti autorizzativi, nulla osta, concessioni in materia di localizzazione impianti. In materia di piano di risanamento la legge regionale attribuiva la competenza alla Regione. Qualora i valori di attenzione venissero superati il Comune poteva provvedere a diffidare i gestori alla riduzione a conformità, fatta salva la qualità del servizio; se quest’ultima non potesse essere garantita i gestori avrebbero potuto presentare un piano di risanamento. In caso di inottemperanza il piano poteva essere presentato dalla Provincia su proposta dell’A.R.P.A. e prevedere azioni di risanamento a carico dei gestori. Infine, in caso di mancato risanamento da parte dei gestori,sarebbe stato possibile per la Provincia chiedere al competente Ministero la disattivazione degli impianti. Contestava quindi l’emittente che la sovrariportata procedura era stata distorta poiché da anni era in corso lo studio del piano di risanamento che i gestori erano disponibili ad attuare; non essendosi tuttavia il medesimo ancora compiuto, in mancanza di una inottemperanza addebitabile alla ricorrente e in generale ai gestori, non sarebbe sussistita la possibilità del Comune di ordinare una riduzione di potenza in totale spregio della qualità del servizio. Seguivano quindi altri cinque motivi di ricorso e segnatamente: 2) Violazione dell’art. 42 co. 1 lett d), e) del d.lgs. n. 177/2005. Eccesso di potere per travisamento dei fatti; la riduzione di potenza avrebbe reso l’emittente inadempiente all’obbligo su altro fronte previsto di garantire l’efficienza del servizio con conseguente revoca dell’assegnazione delle frequenze; 3) Eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione del Comune di Pecetto. Violazione della delibera 27/7/2010 della Provincia di Torino e del Protocollo di intesa sottoscritto tra la medesima e il Comune in data 2/5/2006. Violazione del principio di affidamento. Contestava la ricorrente la contraddittorietà tra l’iniziativa da ultimo intrapresa dal Comune e il piano di risanamento in itinere; 4) Eccesso di potere per la sproporzione della misura sanzionatoria disposta in riferimento all’accertamento in concreto eseguito dall’ARPA in data 14-15/04/2010; 5) Violazione dei criteri di efficacia e trasparenza di cui all’art. 1 della l n. 241/1990. Violazione del principio di buon andamento ex art. 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità della motivazione; 6) Violazione dell’art. 21 Cost. libera manifestazione del proprio pensiero e dell’art. 41 Cost. – libertà dell’iniziativa economica. Istruita la causa mediante acquisizione di documentati chiarimenti in relazione alla compatibilità tra la qualità del servizio e la riduzione di potenza ordinata, nonché attraverso l’audizione delle parti, l’organo giurisdizionale adito, dopo aver accolto l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, osservava preliminarmente, che, in seguito all’istruttoria espletata, era stata depositata in giudizio apposita richiesta presentata dalla ricorrente di certificazione, da parte del competente Ispettorato, che la disposta riduzione di potenza avrebbe comportato un pregiudizio al servizio (mentre rilevava che l’emittente aveva documentato di avere versato i prescritti oneri). Peraltro, dalla complessiva documentazione in atti e dalle informazioni assunte risultava, ad avviso dei giudici, pacifico che la riduzione di potenza (disposta nella misura dell’81,37%) avrebbe comportato pregiudizio al servizio. Con il provvedimento che formava oggetto della impugnativa giurisdizionale, il Comune di Pecetto Torinese aveva diffidato la ricorrente, nella sua qualità di emittente radiofonica che operava mediante l’impianto sito in località Colle della Maddalena, ad eseguire la riportata riduzione a conformità, seguendo le indicazioni dell’A.R.P.A. Piemonte, in modo da ridurre il valore di campo complessivo dell’area entro i valori consentiti con riferimento ai limiti di attenzione. Per i giudici era furoi discussione "che la contestata determinazione comunale, pur facendo uso del verbo “diffida”, abbia consistenza di vera e propria statuizione autoritativa nonché efficacia direttamente lesiva degli interessi della destinataria e sia, quindi, immediatamente impugnabile dinanzi al giudice amministrativo. E’ altresì pacifico ed accertato che tale riduzione sarebbe effettivamente e concretamente lesiva della qualità del servizio". Quanto agli effetti dell’impugnato provvedimento, era anche da precisare, a fronte delle contrarie argomentazioni della difesa comunale, che essi consistevano nell’imposizione della riduzione della potenza al connettore d’antenna, come letteralmente stabilito nel dispositivo dell’atto. La possibilità di adottare le cosiddette “misure di analoga efficacia” (quali, ad esempio, l’installazione di appositi schermi) era configurata, infatti, come opzione meramente alternativa che, fino alla sua completa attuazione, non escludeva l’obbligo di attuare la prescritta riduzione di potenza. Ciò premesso, il TAR rilevava, quanto ai presupposti dell’atto in contestazione, che esso faceva seguito al superamento dei valori di attenzione, accertato dall’A.R.P.A. Piemonte presso abitazioni private site in prossimità della stazione emittente. La nozione di “valore di attenzione”, osservavano i giudici amministrativi "è posta a tutela della salute e a salvaguardia della popolazione esposta alle emissioni elettromagnetiche prodotte dagli impianti (…) Essa è codificata dall’art. 3, comma 1, lett. c), della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici): “è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere, superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate…”. Il secondo periodo della richiamata disposizione precisa che il valore di attenzione “costituisce misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine e deve essere raggiunto nei tempi e nei modi previsti dalla legge”. Affine a tale nozione è quella di “limite di esposizione” che l’art. 3, comma 1, lett. b), della citata legge 36/2001 definisce come “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori…”. "In breve – puntualizzava il TAR – il limite di esposizione rappresenta una soglia di compatibilità con la salute umana che non deve in alcun caso essere superata; il valore di attenzione è un diverso limite, ovviamente più elevato, il cui rispetto costituisce una misura di cautela per proteggere la popolazione dagli effetti a lungo termine connessi con l’esposizione ai campi elettromagnetici all’interno di edifici adibiti a permanenze prolungate (cfr. anche d.P.C.M. 8 luglio 2003, art. 3). In attuazione della normativa nazionale, la Regione Piemonte ha disegnato, con la legge n. 19 del 3 agosto 2004, la disciplina sulla protezione dalle esposizioni a campi elettromagnetici. Le disposizioni di specifico interesse sono contenute nell’art. 8 della legge che, in coerenza con la diversa funzione dei due istituti, prevede conseguenze parzialmente differenti nei casi di superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione. Quanto alla prima ipotesi, il terzo comma dell’art. 8 stabilisce: “il comune diffida i gestori degli impianti che contribuiscono al campo elettromagnetico ad eseguire la riduzione a conformità in modo da ridurre il valore di campo rilevato entro il limite di esposizione consentito, secondo le indicazioni dell’ARPA, fatte salve le sanzioni previste all’articolo 16. Gli oneri per la riduzione a conformità sono a carico dei gestori”. Qualora i gestori si siano resi inadempienti, il Comune, come previsto dal successivo quarto comma, “richiede alle amministrazioni centrali competenti la disattivazione dei suddetti impianti e ne dà comunicazione alla provincia”. Nel caso in cui, invece, non risultino rispettati i valori di attenzione, il Comune, secondo quanto previsto dal quinto comma dell’art. 8, “diffida i gestori degli impianti che contribuiscono al campo elettromagnetico ad eseguire la riduzione a conformità, compatibilmente con la qualità del servizio e previo accertamento da parte degli organi ausiliari periferici del Ministero delle comunicazioni”. Inoltre, giusta la previsione del sesto comma, “se la riduzione a conformità non consente il mantenimento della qualità del servizio, i gestori presentano alla provincia una proposta di piano di risanamento. La provincia adotta il piano di risanamento, avvalendosi del parere dell’ARPA, sentiti i comuni interessati ed acquisito il preventivo parere vincolante da parte degli organi tecnici ed ausiliari periferici delle autorità centrali competenti”. Annotavano quindi i giudici che le misure da adottarsi nelle due ipotesi erano modellate sulla base del medesimo schema procedimentale, che dava luogo all’adozione di un provvedimento (“diffida”) di riduzione a conformità. Nel caso di superamento dei valori di attenzione, peraltro, l’adozione di tale misura avrebbe richiesto quale ulteriore presupposto, che fosse garantito il mantenimento della qualità del servizio, condizione che doveva essere accertata da parte degli organi ausiliari periferici del Ministero delle comunicazioni. L’uso dell’avverbio “compatibilmente” da parte del legislatore regionale rendeva palese, infatti, come l’insussistenza di tale condizione avrebbe precluso l’immediata riduzione a conformità, dischiudendo l’eventuale fase procedimentale, prevista dal comma 6, volta all’adozione del piano di risanamento. Tale condizione non era richiesta, invece, nella più delicata ipotesi di superamento del limite di esposizione, dove l’inottemperanza all’ordine di riduzione a conformità comporta, inoltre, la disattivazione dell’impianto. La descritta differenza di trattamento appare coerente, d’altronde, con la diversa natura e funzione dei limiti di che trattasi in quanto, come già rilevato, i limiti di esposizione costituiscono soglie insuperabili, mentre i valori di attenzione rappresentano una misura di cautela da raggiungersi con modalità e tempi normativamente prestabiliti. Tanto spiegava, ad avviso del TAR, "perché, nel corpo della normativa, compresa la direttiva tecnica, mentre i limiti di esposizione, che nell’ottica del legislatore costituiscono un danno per la salute pubblica, non sono suscettibili di ulteriore contemperamento con altri beni giuridici protetti, la disciplina dei limiti di attenzione non prescinde invece dal rispetto delle esigenze di funzionalità del servizio e i due interessi trovano un necessario contemperamento nel piano di risanamento". Così, ricostruita la fattispecie e la normativa applicabile, i giudici ritenevano fondato il primo motivo di ricorso. Nel caso in esame, infatti, l’autorità comunale si era limitata a recepire le risultanze degli accertamenti compiuti da A.R.P.A. Piemonte e, sulla base di esse, aveva direttamente ordinato la riduzione a conformità tramite la riduzione della potenza al connettore d’antenna in una ipotesi di superamento dei limiti di attenzione. Tale modus procedendi si discostava dalle prescrizioni del già citato art. 8, comma 5, della legge regione Piemonte n. 19/2004, non avendo il Comune previamente verificato, tramite gli organi tecnici dell’amministrazione periferica dello Stato deputati a tale compito, se la riduzione a conformità fosse compatibile con il mantenimento della qualità del servizio. Né giovava – per il TAR – sostenere che "i suddetti accertamenti devono essere richiesti dagli interessati e sono a loro carico, in quanto agli oneri, poiché sotto questo profilo la ricorrente si è correttamente attivata versando il prescritto contributo all’organo competente". La diagnosi di illegittimità dell’atto in contestazione si rafforzava, dal punto di vista sostanziale, in considerazione dell’esito ineluttabilmente negativo di tale verifica, atteso che la riduzione a conformità si sovrapponeva ad analoga misura disposta circa un decennio addietro e che già in tale occasione l’Ispettorato territoriale aveva espresso un parere di non mantenimento della qualità del servizio. Sotto un diverso profilo, appariva pure ravvisabile per i giudici, con riferimento alle doglianze esposte con il terzo motivo di ricorso, come il sito in questione fosse interessato da un procedimento, dapprima affidato alla competenza regionale e successivamente alla Provincia di Torino, volto all’adozione del piano di risanamento, che si protraeva da molti anni, senza che tuttora sussistessero certezze in ordine alla sua conclusione e alla relativa tempistica. In forza delle richiamate disposizioni normative regionali il piano di risanamento costituiva lo strumento da utilizzarsi per contemperare le contrapposte esigenze di tutela della popolazione esposta alle emissioni elettromagnetiche superiori ai valori di attenzione e dell’attività economica delle emittenti che irradiano il segnale. Il procedimento era in tal senso già stato correttamente avviato dalle amministrazioni competenti circa una decina di anni addietro; sennonché il medesimo era allo stato privo di esito per contrasti sorti tra le amministrazioni e senza che alcuna inadempienza fosse addebitabile alle emittenti (esse avevano regolarmente presentato il piano, regolarmente dichiarato la disponibilità a sopportarne gli oneri). In pendenza del procedimento di approvazione di tale piano, doveva pertanto escludersi che l’autorità amministrativa fosse legittimata a disporre nuove riduzioni di potenza destinate a sovrapporsi alle precedenti, poiché tale opzione, oltre a non essere contemplata dalle disposizioni di rango primario, appariva illogicamente volta a riversare sul privato le conseguenze del ritardo, nella specie cronicizzato, dell’azione amministrativa. Tanto più che sul fronte amministrativo, per i giudici aditi "non si ritiene neppure di indicare un fisiologico termine del procedimento così nella sostanza abdicando alla funzione di contemperamento degli interessi che la legge fisiologicamente affida al procedimento". I rilievi esposti avevano per il TAR carattere assorbente delle altre censure di legittimità dedotte da parte ricorrente e comportavano l’accoglimento del ricorso. (M.L. per NL)