Elettrosmog, Piemonte: altro sito interessato da accertamenti magistratura penale. Non più procrastinabile individuazione siti tecnologici con norme chiare e ineludibili

Emittenti rtv esasperate. Non solo problemi quotidiani di gestione, aggravati da crisi, ma anche cittadini infuriati, istituzioni locali scoordinate e norme secondarie eterogenee e confuse. Con rischio sequestri impiantistici


Non si può aspettare oltre. Il problema dell’individuazione dei siti atti ad ospitare gli impianti delle emittenti radiotelevisive deve essere affrontato in maniera netta dalle istituzioni competenti. Diversamente, le situazioni non potranno che degenerare, con comitati di cittadini in rivolta (qualche volta a ragione, ma altre a torto, considerato che sui rischi concreti da elettrosmog la comunità scientifica mondiale è ancora divisa) contro le attuale postazioni ove sono ubicate le stazioni trasmittenti; emittenti esasperate dall’impossibilità di esercitare con regolarità un’attività per la quale hanno ricevuto l’assenso ministeriale; istituzioni locali (Comuni in testa, naturalmente) che sfuggono agli uni ed alle altre, trincerandosi dietro improbabili piani regolatori che non prevedono l’individuazione di siti tecnologici (ancorché il territorio amministrato abbia tutti i requisiti, sotto gli aspetti radioelettrici, ambientali e sanitari, per permetterla). Un pasticcio assoluto, aggravato da un ginepraio di norme di rango secondario (regolamenti comunali e/o provinciali, leggi regionali, ecc.) eterogenee, illogiche, confuse, inapplicabili di fatto. E’ scontato che in una situazione così intricata e tendente facilmente a degenerare intervenga, prima o poi, la magistratura penale. E’ stato il caso (ed è tuttora) di Colle della Maddalena a Torino, di Monte Cavo a Roma, di Sacromonte a Varese, poi di San Silvestro a Pescara e infine di Monte Maddalena a Brescia, tanto per citare i più eclatanti, naturalmente, posto che la magistratura ha indagato o lo sta ancora facendo su numerosi altri insediamenti tecnologici. E’ di questi giorni, infatti, la notizia che un altro importante sito ospitante impianti trasmittenti in Piemonte è oggetto di indagini presumibilmente per il classico reato di Getto pericoloso di cose ex art. 674 c.p. Una situazione, quella della pianificazione dei siti atti ad ospitare sistemi trasmittenti radiotelevisivi, come detto, non più procrastinabile a livello legislativo. Perché, se è vero che nella pianificazione delle frequenze radiofoniche nessun editore ha ormai più speranze (semmai le abbia avute), di quella dei siti non è possibile assolutamente fare a meno. Naturale che di perorare la soluzione di una problematica di interesse così diffuso dovrebbero farsi carico, anzitutto, i sindacati delle emittenti radiotelevisive. Che invece, sull’argomento, tacciono. Unica voce nel silenzio pare essere il Comitato Radio Tv Locali, assurto ad intensa notorietà nel 2005 per aver stimolato l’emanazione delle cd. “Linee guida per la trattazione delle problematiche interferenziali tra RAI ed emittenti private” da parte dell’allora MinCom, sulle quali si sono poi accodate le associazioni di categoria (che, come ora, non avevano colto la gravità del fenomeno e l’importanza di un intervento immediato), cercando, chi più e chi meno, di rivendicare improbabili paternità dell’iniziativa.
Il Comitato Radio Tv locali ha infatti reso noto di aver sottoposto alle varie forze politiche una serie di ipotesi di modifiche del Codice delle comunicazioni elettroniche (D. Lgs. 259/2003) e del Testo Unico della Radiotelevisione (D. Lgs 177/2005) volte ad aggiornare l’ordinamento giuridico di specie alle necessità sopravvenute a vario titolo. Il documento, che spazia dalle problematiche di natura ambientale, sanitaria, urbanistica a quelle prettamente radioelettriche ed editoriali, a riguardo della questione che qui ci interessa, propone alcune novelle normative, che di seguito riportiamo

PROPOSTA DI RIFORMA DELL’ART. 28 c. 7 D. L.VO 177/2005
(TESTO UNICO DELLA RADIOTELEVISIVIONE)

PREMESSE

Si è constatato negli ultimi anni un allarmante aumento di procedimenti penali a carico di emittenti radiotelevisive per problematiche di natura ambientale e sanitaria (cd. inquinamento elettromagnetico). Nella maggioranza dei casi, i procedimenti hanno interessato siti tecnologici ricorrenti, ove insistono impianti regolarmente autorizzati dal MSE-Comunicazioni per i quali le emittenti esercenti avevano avanzato progetti di risanamento basati sulla ristrutturazione delle infrastrutture alle competenti autorità locali, senza tuttavia conseguire risposte concrete e soprattutto rapide. Si rende pertanto necessario introdurre correttivi legislativi atti a consentire l’adeguamento delle infrastrutture esistenti, razionalizzando le procedure autorizzatorie secondo principi di efficienza, pubblicità, concentrazione e speditezza. Nello specifico, occorre dare certezza dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi, conformemente ad un quadro normativo omogeneo a livello nazionale anche per quanto attiene ai livelli delle emissioni elettromagnetiche degli impianti radioelettrici, favorendo il raggiungimento degli obiettivi di qualità relativamente alle predette emissioni elettromagnetiche. Per conseguire tale risultato pare opportuno procedere alla modifica dell’art. 28 c. 7 D. L.vo 177/2005 e all’emanazione di un ulteriore decreto legislativo teso a disciplinare la procedure autorizzatorie per le modifiche infrastrutturali .

PROPOSTA DI RIFORMA

L’attuale formulazione del c. 7 dell’art. 28 D L.vo 177/2005 è la seguente: “In attesa dell’attuazione dei piani di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione sonora e televisiva in tecnica digitale e sonora in tecnica analogica, gli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva, che superano o concorrono a superare in modo ricorrente i limiti di cui al comma 1, sono trasferiti, con onere a carico del titolare dell’impianto, su iniziativa delle regioni e delle province autonome, nei siti individuati dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica analogica e dai predetti piani e, fino alla loro adozione, nei siti indicati dalle regioni e dalle province autonome, purché ritenuti idonei, sotto l’aspetto radioelettrico dal Ministero, che dispone il trasferimento e, decorsi inutilmente centoventi giorni, d’intesa con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, disattiva gli impianti fino al trasferimento”. Stanti le premesse, la norma enunciata potrebbe essere così modificata: dopo “trasferimento” aggiungere: “ove non si sia provveduto ad attuare interventi strutturali immediati tesi a consentire il rientro nei limiti di legge delle emissioni secondo le procedure indicate nell’apposito decreto legislativo” (*).

(*) PROPOSTA DECRETO LEGISLATIVO

Art. 1

Procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture ospitanti impianti di radiodiffusione che superano o concorrono a superare in modo ricorrente i limiti e i valori stabiliti dall’art. 4 L. 36/2001
1. L’istanza di autorizzazione alla modifica di infrastrutture di cui all’articolo 28 c. 7 D. L.vo 177/2005 è presentata all’ente locale dai soggetti a tal fine abilitati. Al momento della presentazione della domanda, l’ufficio abilitato a riceverla indica al richiedente il nome del responsabile del procedimento;
2. L’istanza, conforme al modello di cui al D. L.vo 259/2003 realizzato al fine della sua acquisizione su supporti informatici e destinato alla formazione del catasto nazionale delle sorgenti elettromagnetiche, deve essere corredata della documentazione atta a comprovare il raggiungimento dell’obbiettivo di risanamento ambientale e sanitario in relazione ai limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36 e relativi provvedimenti di attuazione;
3. Copia dell’istanza ovvero della denuncia viene inoltrata contestualmente all’ARPA, che si pronuncia entro venti giorni dalla comunicazione. Lo sportello locale competente provvede a pubblicizzare l’istanza, pur senza diffondere i dati caratteristici dell’impianto;
4. Il responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, entro quindici giorni dalla data di ricezione dell’istanza, il rilascio di dichiarazioni e l’integrazione della documentazione prodotta. Il termine di cui al comma 3 inizia nuovamente a decorrere dal momento dell’avvenuta integrazione documentale;
5. Nel caso un’amministrazione interessata abbia espresso motivato dissenso, il responsabile del procedimento convoca, entro trenta giorni dalla data di ricezione della domanda, una conferenza di servizi, alla quale prendono parte i rappresentanti delle Amministrazioni degli enti locali interessati, nonché dei soggetti preposti ai controlli di cui all’articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 ed un rappresentante dell’ Amministrazione dissenziente;
6. La conferenza di servizi, deve pronunciarsi entro trenta giorni dalla prima convocazione. L’approvazione, adottata a maggioranza dei presenti, sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza delle singole amministrazioni e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori. Della convocazione e dell’esito della conferenza viene tempestivamente informato il Ministero dello Sviluppo Economico – Comunicazioni;
7. Qualora il motivato dissenso, a fronte di una decisione positiva assunta dalla conferenza di servizi, sia espresso da un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, la decisione è rimessa ai Consiglio dei Ministri e trovano applicazione, in quanto compatibili con il presente decreto, le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Articolo 2

Esiti e conseguenze

1. La istanze di autorizzazione alla modifica delle caratteristiche di emissione degli impiantì già esistenti, si intendono accolte qualora entro trenta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda non sia stato comunicato un provvedimento di diniego. Gli enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma;
2. Le opere debbono essere realizzate, a pena di decadenza, nei termine perentorio di quattro mesi dalla ricezione del provvedimento autorizzatorio espresso, ovvero dalla formazione dei silenzio-assenso.

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