La crisi dell’editoria americana investe e travolge anche il Washington Times, il quotidiano fondato quasi 30 anni fa dal reverendo Moon e diventato un’icona del giornalismo conservatore americano.
In quello che appare un tentativo di sopravvivere, il Times ha annunciato il licenziamento del 40 per cento del suo staff, il taglio delle pagine della cronaca, dello sport e degli approfondimenti. E la trasformazione in un «foglio» che avrà principalmente una distribuzione gratuita, ed il rafforzamento del suo sito TheConservative.com. Il nuovo presidente Johnathan Slevin non esclude altri licenziamenti, dopo quello del 40 per cento dei 370 dipendenti che già da settimane si aspettavano l’arrivo delle temute lettere, dopo l’allontanamento di tre manager e le dimissioni di John Solomon, l’ex giornalista del Washington Post che l’anno scorso aveva sostituito alla direzione Wesley Pruden, al timone del Times dal 1992. Solomon aveva cercato di spostare il giornale dalla militanza conservatrice ad una posizione più equilibrata, per esempio vietando di usare le virgolette quando si scriveva matrimoni gay, preferendo questo aggettivo a «omosessuali». Il Washington Times, che aveva una circolazione 85mila copie contro le 583mila del Washington Post (che oggi riferisce la notizia), nella sua nuova forma smetterà quindi di cercare di fare concorrenza ai giornali «mainstream», traformandosi in un foglio concentrato sulla politica, la sicurezza nazionale – ha sempre vantato ottime fonti nella Cia e nell’intelligence community – le inchieste e gli «articoli basati sui valori tradizionali», vale a dire, ha spiegato Slevin, «libertà, fede e famiglia, nel rispetto dei nostri lettori tradizionalmente religiosi». Slevin si è detto «molto triste» per i tagli al personale ma ha anche parlato con ottimismo del futuro: «Vedo un’ottima opportunità per il Washington Times di continuare a portare avanti la missione del giornale come voce indipendente della capitale». Nel panorama già nero della carta stampata americana, che ha costretto moltissime testate alla chiusura, alla bancarotta ed a drastici licenziamenti, la situazione del Times è stata peggiorata anche dalla situazione non rosea delle finanze della chiesa dei «moonies»: dal 1982 ad oggi la setta ha infatti bruciato 2 miliardi di dollari nell’impresa editoriale che il religioso coreano che afferma di essere il Messia del secondo avvento non ha mai nascosto di aver creato per ragioni di propaganda e proselitismo. «Il Washington Times è responsabile di far conoscere Dio agli americani» ha detto nel 2002. Dall’inizio del nuovo anno il giornale verrà distribuito in alcune zone della capitale, in particolare uffici federali ed altre istituzioni e scomparirà quasi del tutto dalle edicole. Si prevede un rafforzamento dell’attività su Internet – sul modello di Politico.com, il sito di informazione politica che ha attirato diversi cronisti navigati della capitale e dalla scorsa campagna elettorale è diventato un punto di riferimento per capire le cose di Washington – in sinergia con l’United Press International, agenzia stampa americana fondata nel 1907 e dal 2000 controllata dalla chiesa di Moon. (Adnkronos)