Il mondo dell’informazione è in una fase di cambiamento epocale e il settore è attraversato dall’incertezza per un futuro imprevedibile come mai prima d’ora. Su una cosa però i professionisti e gli investitori si trovano d’accordo in modo unanime: il destino delle aziende giornalistiche è inevitabilmente legato al modo in cui esse sapranno rapportarsi alla distribuzione dei loro contenuti attraverso Internet. La questione è in fondo molto semplice: gratis o a pagamento? Entrambe le posizioni hanno sostenitori prestigiosi e un corollario teorico rispettabile. Da una parte ci sono i motori di ricerca come Google, Bing e Yahoo, che gratuitamente indirizzano gli utenti ad articoli e news disponibili sul web, dall’altra le organizzazioni e i giornalisti che le producono e temono per la loro sopravvivenza economica. In questo dibattito Associated Press, la più grande agenzia di stampa del mondo, ha preso una posizione chiara. In un’intervista data al New York Times, il direttore generale e amministratore delegato Tom Curley ha detto che qualsiasi tipo di utilizzo di un articolo richiede un accordo di licenza con l’azienda che lo ha prodotto. Per questo giovedì scorso Ap ha annunciato l’introduzione di un nuovo software che mostrerà per ogni notizia in rete i limiti legali al suo utilizzo e informerà sul modo in cui essa viene utilizzata. Ap con questa mossa vorrebbe trarre profitto dalla pratica, finora gratuita, effettuata da motori di ricerca e dai "news aggregator" di mostrare il titolo di una notizia con un link all’articolo di riferimento. L’obiettivo, ha detto Curley, è quello di ottenere un pagamento per l’uso di ogni articolo, individuando così una nuova fonte di ricavo. Alcuni "news aggregator" come Huffington Post e Google News hanno stipulato dei "licensing agreement" e pagano per lo sfruttamento del materiale di Ap, ma non esistono accordi simili per le ricerche di articoli su vasta scala via Internet. D’altra parte i motori di ricerca rispondono che le loro pratiche ricadono sotto il principio legale del "fair use" vigente negli Stati Uniti, che consente l’utilizzazione libera di opere d’intelletto per scopi educativi o scientifici. Inoltre non è chiaro se le aziende giornalistiche trarrebbero reali vantaggi economici da eventuali restrizioni. "Riteniamo che i motori di ricerca portino un beneficio reale alle pubblicazioni, indirizzando un traffico importante verso i loro siti web e connettendole a lettori di tutto il mondo", ha detto Gabriel Stricker, portavoce di Google. Molti dirigenti del settore dell’informazione ritengono che uno scontro con i motori di ricerca sia un errore. L’introduzione del software di Ap avverrà in diverse fasi, e si concluderà il prossimo anno. Ap, che è una cooperativa non profit, ha l’ambizione di agire non solo per se stessa ma soprattutto a difesa di tutto il settore giornalistico in crisi. Vorrebbe che tutti i 1.400 giornali suoi azionisti si unissero allo sforzo e utilizzassero il software. E’ possibile "generare centinaia di milioni di dollari grazie ai titoli delle notizie", ha detto Curley, "Ed è esattamente ciò che vogliamo fare". (Apcom)