Quando, almeno in Italia, si pronuncia il nome “Treccani”, per i più il ricordo va a quella lunga linea di volumoni che abbiamo visto far bella mostra di sè in biblioteche, in studi medici, in uffici di avvocati: l’Enciclopedia Treccani, appunto. Una lunga teoria di volumi che ci ha sempre messo in soggezione, sapendo come dentro quelle migliaia e migliaia di pagine ci fosse distillato tutto lo scibile umano! Ma chi conosce la figura di Giovanni Treccani, l’ideatore di quest’opera monumentale? A ricordarlo ci ha pensato la Società Storica Lombarda la sera del 22 aprile scorso, nella bellissima cornice della Biblioteca Trivulziana, presso il Castello sforzesco di Milano. Presente anche il nipote di Giovanni Treccani. La proiezione di un DVD ha raccontato la storia di questo imprenditore che, nato a Montichiari nel 1877, partì giovane per la Germania, per imparare il mestiere presso la famosa Scuola di tessitura di Krefeld. Rientrato in Italia fu assunto dal Lanificio Rossi di Schio e diventò, percorrendo tutti i gradini aziendali, direttore dello stabilimento. Ma la rapida carriera, l’esperienza maturata, le capacità imprenditoriali dimostrate, lo portarono ben presto ad assumere la direzione del Cotonificio Valle Ticino, a Vanzaghello, a non molti chilometri da Milano, e a diventarne proprietario nel 1922, dopo aver risollevato le sorti precarie dell’azienda. Il nome di Giovanni Treccani, però, è legato soprattutto alla sua munificenza. Degno di un mecenate rinascimentale, Treccani impegnò molti e notevoli capitali per realizzare la sua idea: una grande enciclopedia, che fosse l’immagine dell’Italia. E in questo ebbe il suo grande realizzatore: Giovanni Gentile. Il più grande filosofo italiano del Novecento che seppe, con una capacità organizzativa senza pari, dar vita a quest’opera colossale in un’epoca che non conosceva computer e le moderne tecniche editoriali. Treccani resta quindi come l’immagine di un imprenditore che vede nella cultura nel senso più alto del termine, nella comunicazione del sapere rivolto a tutti i cittadini, la realizzazione più compiuta del lavoro. Non più dissidio fra mondo del fare e mondo del sapere, ma il primo come realizzazione concreta dell’altro e, a sua volta, come capace di spingerlo verso nuovi traguardi. Quel “saper fare” che si cerca, ancora oggi, di coniugare nelle nostre scuole al “sapere”, affinchè quest’ultimo non resti asfittico e fine a se stesso. (Antonio F. Vinci per NL)