Secondo le prime stime, rigorosamente ufficiose, il paywall del Times online potrebbe presto dimostrarsi un mezzo fiasco. Infatti, se quanto trapelato da numerosi fonti (Cnet.com, Nytimes.com, etc.) fosse confermato, il popolare quotidiano inglese potrebbe aver perso fino al 67% dell’utenza che generalmente e quotidianamente accedeva prima al medesimo sito, gratuitamente.
Tutto ciò si tradurrebbe nel crollo della teoria del tycoon australiano secondo cui l’attuale panorama editoriale internazionale necessiterebbe di uno slancio di qualità, raggiungibile solo con la monetizzazione dei contenuti. Fonti pessimistiche (trattasi sicuramente di concorrenti del Times) suggeriscono addirittura che l’utenza, oggi pagante, rimasta online sia circa il 10% di quanto fosse in precedenza, ma è chiaro che questa stima potrebbe rivelarsi eccessivamente negativa. Comunque sia, i vertici di Newscorp dovranno dominare ora una situazione che rischia di sfuggire alle proprie mani. Anche perché tra qualche mese, se il trend rimanesse tale, il peso degli inserzionisti potrebbe diminuire sensibilmente, costringendo Rupert Murdoch e compagni a rivedere i punti fondamentali dell’attuale strategia. Non siamo certi che questa operazione si possa effettivamente dimostrare fallimentare, ma certo è che applicare un paywall su un quotidiano non finanziario e settoriale come il Wall Street Journal sia qualcosa di altamente composito ed economicamente pericoloso. Ma bisogna ammettere che la difficoltà di produrre contenuti nuovi e diversi da quanto pubblicato altrove, potrebbe dimostrarsi una sfida ben più complessa di quanto fosse immaginabile. Del resto perché pagare oggi, quando tutto è già disponibile altrove e gratuitamente? Una domanda che fanno in molti e a cui pochi sanno rispondere in modo compiuto. Del resto l’epoca in cui viviamo è ancora avvolta nell’aurea dell’informazione libera e accessibile ovunque, almeno online; un caposaldo impossibile da sradicare. Forse. (M.M. per NL)