La verità è che gli abbonamenti online non riusciranno, almeno per come sono organizzati attualmente, a compensare il crollo di fatturato dei quotidiani tradizionali.
Dati alla mano, il mercato appare ancora stravolto dal crack economico mondiale, nonché da quella crisi prettamente editoriale che non sembra ancora trovare soluzioni definitive. Se per più di un secolo quello del quotidiano di carta è stato il sistema più intelligente e competitivo per accaparrarsi lettori e pubblicità, ora l’elettronica ci mette del suo per scardinare i principi della stampa, ma senza offrire svincoli necessari alla ripresa dell’informazione. Lo dice anche il giornalista Enrico Pedemonte, in un’interessante riflessione pubblicata sul blog de L’Espresso secondo cui “è troppo presto per dichiarare falliti questi esperimenti, ma sono in molti a ritenere improbabile che i giornali generalisti possano combattere il calo della pubblicità e delle copie semplicemente alzando barriere intorno ai loro siti web”. Rimane il fatto che, stando ai risultati di un’analisi condotta da Enders Analysis (società specializzata in ricerche nel settore delle telecomunicazioni), ogni lettore che sottoscrive un abbonamento su internet, rende all’editore solo un quarto di quanto potrebbe rendere acquistando il quotidiano tradizionale. Senza poi contare che abbonarsi online costa meno, e la pubblicità su internet rende comunque meno che sul quotidiano. Insomma, se dovessimo pensare al web come ad una valida alternativa della carta, piuttosto che ad uno strumento per colmare i buchi creati nel mondo editoriale, si delineerebbe una situazione a dir poco catastrofica e comunque con poche chance. Murdoch stesso, pur faticando ad ammetterlo, si sta rendendo conto che adottare la strategia del paywall non si sta dimostrando tanto efficace, salvo che il sistema venga applicato a riviste e quotidiani così settoriali da obbligare intere schiere di professionisti ad abbonarsi allo scopo di utilizzare la stampa come mezzo di aggiornamento quotidiano. Ma rimane poi da valutare il fatto che gli utenti sono ancora pochi e che, nel mondo parallelo della carta stampata Usa, le vendite sono diminuite del 15%, gli introiti pubblicitari del 45%. Insomma, come resistere? A dire il vero i dati sul 2009 hanno dimostrato che molte testate statunitensi hanno comunque resistito dignitosamente alla crisi editoriale e nonostante ne fosse stata preannunciata la chiusura, godono ancora di buona salute. Ma nessuno ha comunque concluso con successo un periodo di rilancio vero e proprio. Per la maggiorparte degli editori si tratta di un momento in cui la barca sta ancora a galla, in alcuni casi addirittura grazie all’ampliamento delle redazioni che si occupano di notizie locali. Ma quanto potrebbero resistere ancora questi giornali? E cosa succederà nel caso in cui alcuni di loro dovessero definitivamente crollare? Siamo sicuri, insomma, che l’alternativa del web sia effettivamente così funzionale? (M.M. per NL)