Con un articolo intitolato A better way to publish and read on Twitter il 4 maggio Mike Park (VP Prodotti presso Twitter) ha annunciato l’acquisizione di Scroll da parte della società di San Francisco. Poiché Scroll è una startup di dimensioni limitate la cosa non ha fatto grandi titoli. Eppure, se correttamente inquadrata, appare molto interessante.
Scroll
Lanciata a fine gennaio 2020, Scroll ha finora offerto un accesso privo di pubblicità a centinaia di testate online. Non si tratta di un ennesimo ad blocker. Scroll lavora in partnership con gli editori, che offrono una versione ad free dei propri siti ricevendo in cambio una parte delle subscription fee richieste da Scroll ai propri clienti.
Collettore
La società agisce dunque da intermediario, aggregatore e collettore degli abbonamenti
I partner editoriali
Tra i siti partner figurano nomi importanti, quali: The Atlantic, USA Today, Insider ed altri.
Before…After
La rimozione delle pubblicità è ottenuta grazie all’utilizzo di un apposito cookie, tramite il quale i siti convenzionati sono avvertiti della necessità di servire all’utente una pagina pulita. Con il vantaggio aggiuntivo che i siti – privi di oggetti pubblicitari embeddati spesso appesantiti da grafica animata – vengono caricati in tempi record.
I costi
Il servizio Scroll viene offerto a 5 dollari/mese. Di questi, 1,50 dollari sono trattenuti dalla società e i restanti 3,50 dollari suddivisi tra gli editori partecipanti. In proporzione al tempo trascorso da ciascun utente sulle differenti properties.
Report
L’utente riceve mensilmente un report dettagliato su come sono stati allocati i propri 5 dollari tra le varie testate.
Un business model allettante
Ed ecco il punto importante. Prendiamo il caso di USA Today. Per questo particolare utente: 0,25 dollari/mese sono molto più di quanto la pubblicazione avrebbe ricavato della pubblicità inviata allo stesso utente nel corso della consultazione del sito in modo tradizionale.
Niente cani in quarantena o anziani che acquistano pannelli solari incompatibili
E tutto questo senza la perdita di prestigio dovuta all’inserimento dei consueti contenuti sponsorizzati che raccontano come aiutare il cane ad affrontare la quarantena o spiegano che gli anziani acquistano pannelli solari incompatibili con loro stesso tetto.
La difficoltà
Tutto meraviglioso. Ma resta una difficoltà: convincere i lettori a pagare i 5 dollari/mese per l’accesso a siti che sono disponibili anche in versione gratuita.
Veniamo così all’acquisizione da parte di Twitter. A febbraio 2021 Twitter aveva giá annunciato l’acquisizione di Revue e l’iniziativa Super Follows. Tramite questa, viene fornita la possibilità di creare gruppi di utenti che – a fronte di un pagamento mensile – ricevono tweet addizionali (venendo così definiti superfollowers).
Questi gruppi sono aggregati in base agli interessi specifici (non sappiamo se solo dichiarati o anche algoritmicamente proposti).
Remunerare i content creators
L’iniziativa dei tweet a pagamento potrebbe sembrare stravagante, ma si inserisce perfettamente nel trend remuneriamo i content creators, che vede in campo importanti attori, da Patreon a OnlyFans. In questo caso i content creator, anziché autori di podcast sulla tecnologia (Patreon) o giovani fanciulle ukraine alle prese con le difficoltà della spiaggia (Only Fans) sono i giornalisti.
I costi per gli utenti
Non sappiamo ancora i costi del servizio di Twitter, ma nell’annuncio di febbraio si accennava a 4,99 dollari/mese: solo 1 centesimo meno del servizio di Scroll.
Ma non è certo questa similitudine che ha pesato nell’acquisizione.
Diminuire la friction
Piuttosto – e useremo qui un’espressione cara in Silicon Valley, l’integrazione tra i due servizi permetterà di diminuire la friction nel passaggio tra il feed in tempo reale (Twitter) e il relativo articolo di approfondimento (Scroll).
Rendendo cioè questo passaggio naturale ed immediato: un’esperienza unica, con un pagamento unico.
Google News Showcase
Si tratta in definitiva di un approccio alternativo allo stesso problema già affrontato da Google News Showcase (e in questo caso senza neppure l’“aiuto” dell’Unione Europea): garantire il futuro dell’informazione di qualità remunerando chi produce contenuti degni di essere pagati.
Un’idea per la quale non possiamo che fare il tifo. (M.H.B. per NL)