Rivoluzione digitale: un fenomeno che da tempo investe anche il mondo dell’editoria. Abbiamo già avuto modo di esaminare su queste pagine il digital development di uno tra i quotidiani più influenti al mondo, il New York Times.
La testata statunitense, forte di un piano industriale che punta su una maggior qualità dell’informazione e su investimenti sul digitale, infatti, registra numeri più che invidiabili: 4,9 milioni di abbonati, di cui 4 milioni proprio sul digitale.
Qualità, non solo per l’informazione
Jean-Christophe Demarta, senior vice president global advertising del New York Times, in un’intervista riportata sul quotidiano Italia Oggi, ha ampiamente descritto quali siano i punti di forza della vecchia signora in grigio: primo fra tutti la qualità, nell’informazione ed anche nella pubblicità che viene inserita nelle varie pagine, cartacee e digitali. “Noi siamo un editore premium con lettori che si attendono questo” ha dichiarato Demarta, che prosegue: “Perciò abbiamo sempre avuto pubblicità di qualità nelle nostre pagine. Quello che è successo con l’avvento del digitale è che nel nostro sito, così come in tutti gli altri, le tecnologie programmatiche hanno aiutato a distribuire tutta la pubblicità, sia quella premium sia quella di basso livello, quest’ultima a un prezzo veramente basso. Un mix che poi ancora in parte abbiamo ma oggi vogliamo essere sicuri che i nostri prodotti premium siano accompagnati da pubblicità adeguata”.
Non di sola pubblicità vive una testata
Il New York Times, come si evince facilmente dai numeri, vive di abbonamenti: “Vendere molti abbonamenti è importante. È quello che diciamo al New York Times: fare un prodotto di qualità costa e diventa difficile riuscire soltanto con la pubblicità […] la maggior parte dei nostri ricavi adesso arriva dai lettori, non dagli inserzionisti”, ma ci tiene a chiarire Demarta “noi vogliamo gli inserzionisti e continueremo a volere la loro pubblicità. Ma vogliamo essere sicuri di avere un prodotto robusto per il quale i lettori siano disposti a pagare”.
Questa, per il manager, è la strategia che, seppur in un contesto di difficoltà per il mondo dell’editoria, tutti dovrebbero seguire.
NYT non solo USA
Con riferimento allo sviluppo della testata extra USA, Demarta ha così commentato: “Stiamo diventando un player globale. Un terzo di tutto il nostro traffico digitale arriva da fuori degli Stati Uniti. Abbiamo lettori in tutti i singoli paesi della terra. Certo noi usciamo in inglese e questo è un aiuto, ma stiamo investendo molto sul prodotto” e prosegue “abbiamo 5 milioni di lettori paganti e l’obiettivo di arrivare ai 10 milioni entro il 2025. Una buona porzione di questa crescita dovrà venire al di fuori degli Stati Uniti”. Ma questo non significa diventare un giornale locale: “Vogliamo essere sicuri che il nostro prodotto parli a qualcuno che si trova a Milano così come a Hong Kong o Sydney. Non vogliamo diventare un editore locale in Italia, Australia o Giappone ma possiamo completare quello che c’è in questi paesi in modo da essere utili alle persone che vogliono capire il mondo”.
Multipiattaforma: paradigma di sviluppo anche per la vecchia signora in grigio
La testata americana, oltre a sviluppare, come detto, un parallelo prodotto digitale nonché specifiche rubriche, propone ai propri utenti anche podcast: “Siamo entrati nell’audio con un podcast, The Daily, che ha 2 milioni di ascoltatori al giorno e ha passato il muro del miliardo di download”, ha specificato il manager. Inoltre, la diversificazione viene attuata anche tramite la tv: “Stiamo entrando anche nella televisione, non con un canale ma con programmi distribuiti dalla tv via cavo. […] stiamo cercando dei modi per diversificare l’audience e per portare i contenuti in molti più canali. Alla base c’è sempre il giornalismo che noi adattiamo agli ascoltatori nei diversi canali”. (G.C. per NL)