Lo storico quotidiano fondato da Antonio Gramsci, a partire da venerdì non sarà più in edicola: lo comunica Nuova Iniziativa Editoriale spa (Nie) in liquidazione, società editrice del quotidiano. Il vicedirettore Pietro Spataro si dice "Senza parole di fronte a tale scempio".
“Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra. Io propongo come titolo l’Unità puro e semplice, che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale”: con queste parole il fondatore della testata inaugurava la lunga carriera del quotidiano iniziata nel lontano 12 settembre 1923. Oggi, invece, il comitato di redazione non risparmia parole dure, piene di amarezza per il triste epilogo del giornale: “Fine della corsa. Dopo tre mesi di lotta, ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unità. Gli azionisti non hanno trovato l’intesa su diverse ipotesi che avrebbero comunque portato alla salvezza. E’ un giorno di lutto per la democrazia”. I lavoratori affermano di essere rimasti soli a difendere la storica testata, un fatto di gravità inaudita, che metterà a rischio un’ottantina di posti di lavoro in un momento di grave crisi dell’editoria: “Con la rabbia e il dolore che oggi sentiamo, diciamo che questa storia non finisce qui: avevamo chiesto senso di responsabilità e trasparenza a tutti i soggetti, imprenditoriali e politici. Abbiamo ricevuto irresponsabilità e opacità. Questo lo grideremo con tutta la nostra forza. Oggi è un giorno di lutto per la comunità dell’Unità, per i militanti delle feste, per i nostri lettori, per la democrazia. Noi continueremo a combattere guardandoci anche dal fuoco amico”. Per la terza volta nella sua storia dunque – la prima durante il fascismo per motivi squisitamente politici (il giornale è stato pubblicato per ben 17 anni in clandestinità, riprendendo l’attività ufficiale solo nel ’44, a seguito dell’arrivo degli alleati), la seconda tra il luglio 2000 e il marzo 2001 per questioni economiche – il quotidiano di Gramsci è costretto a lasciare le edicole. Anche il Premier Renzi è intervenuto nel merito affermando su Twitter che “Purtroppo l’Unità non è del Pd, se lo fosse non chiuderebbe”. Il vicesegretario del Partito Democratico Lorenzo Guerini partecipa alla questione dichiarando che “è il momento per tutti di avere molta responsabilità: il Pd ne è consapevole ed è impegnato al massimo. Occorrono soluzioni forti e stabili per dare un futuro all’Unità e ai lavoratori che in questi mesi difficili hanno garantito l’uscita del giornale. L’Unità è un patrimonio di tutto il Paese che non va disperso. Per questo occorre però che tutti coloro che sono coinvolti collaborino per salvare il giornale. Non è tempo di polemiche, ma di mettere in campo tutte le energie necessarie per raggiungere questo obiettivo”. “La situazione dell’Unità impone a tutti, Pd in testa, un sovrappiù di responsabilità. Di fronte a proposte che non garantivano una prospettiva certa per il futuro editoriale e occupazionale dell’Unità è arrivato il momento della chiarezza”- ha aggiunto il tesoriere del Pd Bonifazi concludendo che – “Sono indispensabili proposte economico-finanziarie ed editoriali certe, capaci di garantire la prosecuzione della vita del quotidiano e l’attività dei lavoratori, non solo per i prossimi 6 mesi ma per i prossimi anni. E il Pd è impegnato al 100% per giungere ad una conclusione positiva di una vicenda che non riguarda solo l’identità e il passato ma anche il futuro della sinistra”. Intanto in questi giorni di piena crisi, che vedranno gli 80 lavoratori costretti in una cassintegrazione a zero ore, si apprende che sul tavolo della Nie nei mesi scorsi erano pervenute ben cinque lettere di interesse, di cui due definite ‘folkloristiche’, in quanto prive di dettagli credibili. A incontrare inizialmente i favori della redazione era stata la proposta di Matteo Fago – socio di maggioranza della Nie e fondatore della nuova società Editoriale 90 – di affittare e poi, in una seconda fase (dopo la ristrutturazione dei conti entro sei mesi) acquistare il ramo d’azienda, cioè la testata, i giornalisti, i computer e tutto quello che serve a mandare in edicola il giornale: una proposta giudicata però inadeguata dal Pd. L’assemblea dei soci ha poi scartato anche la proposta dell’imprenditore milanese Massimo Pessina – che si sarebbe fatto avanti per acquisire solo la testata – e quella di Daniela Santanché, la passionaria del centrodestra, subito finita nel mirino del giornalisti in quanto considerata contraria alla storia politica del giornale. Intanto in queste ore rimbalzano in rete messaggi di solidarietà uniti all’hashtag #iostoconlunità#: oggi, come dichiarato dalla direzione editoriale, è nelle edicole una copia in bianco della testata (“dimostreremo come sarà l’informazione senza il nostro quotidiano, un’informazione senza voce”, ha affermato il direttore Luca Landò) in segno di protesta e al contempo di speranza in un futuro ritorno dello storico giornale di Gramsci. (V.R. per NL)