Editoria. L’accordo francese Google-APIG sullo sfruttamento dei diritti d’autore online modello base per tutti gli editori?

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Nell’articolo del 15 febbraio abbiamo visto come l’accordo Google/APIG sullo sfruttamento dei diritti d’autore online sembri aver prodotto dei risultati soddisfacenti sul tema del copyright. Accordo che, abbiamo visto, è similare a quello definito in Australia dalla News Corp. di Murdoch.
Ma un’analisi approfondita dei termini lascia parecchie questioni aperte.
 

L’annuncio ufficiale

L’annuncio è stato dato sul blog francese di Google il 21 gennaio 2021. Nell’articolo Google afferma che l’accordo è conseguenza di una direttiva governativa francese dell’aprile 2020 che imponeva alle due parti – Google e l’APIG – di mettersi al tavolo delle trattative.

Accordi individuali

Il documento contiene le linee guida sulla base delle quali verranno negoziati accordi individuali con i singoli editori di pubblicazioni “di informazione politica e generale”. Non si tratta dunque di un accordo contenente regole generali che valgono automaticamente per tutti.

News Showcase

In particolare il focus è su un programma/prodotto specifico di Google, detto “News Showcase” che permetterà ai lettori di “accedere a contenuti arricchiti”

I criteri (di Google) di valutazione dell’efficacia di un contenuto

Lo scarno comunicato prosegue chiarendo che la remunerazione degli editori sarà basata su criteri quali la contribuzione all’informazione politica e generale, il volume quotidiano di pubblicazioni e l’ampiezza dell’audience internet. Il documento si chiude con le consuete affermazioni trionfanti delle parti. 

I nostri dubbi 

Un’attenta lettura del comunicato nella sua versione originale francese lascia spazio a qualche dubbio. Innanzitutto, i termini sono molto generici e l’accordo non è automaticamente esteso a tutti gli aderenti all’APIG. E’ dunque probabile che i gruppi con i migliori negoziatori (e la capacità di pagare ottimi avvocati) saranno avvantaggiati.

Volume quotidiano di pubblicazioni

In secondo luogo, il parametro “volume quotidiano di pubblicazioni” favorisce la quantità rispetto alla qualità. Fenomeno a cui siamo tristemente abituati leggendo le home page di molte testate online europee, dove rari sono i lunghi articoli di approfondimento. La cosa è facilmente spiegabile, visto che dal punto di vista di Google quello che conta sono i click piuttosto che il tempo passato dal lettore scorrendo lungo un articolo. 

I precedenti 

La questione aperta tra i quotidiani francesi e Google non è nuova: già nel 2019 gli editori avevano accusato Google di violare la direttiva europea sul “droit voisin” (in inglese: “neighbouring rights”, in italiano “diritti connessi“) come espressi nella direttiva e UE 2019/790. 

Diritto d’autore e diritti connessi

Titolare del “droit voisin” nel caso di un giornalista che scrive per una testata è la società editrice della testata, mentre il diritto d’autore resta del giornalista autore del pezzo. Da quanto spiega Le Monde, proprio grazie alla definizione di questi diritti connessi gli editori (e non i singoli giornalisti) si ritengono titolati a poter richiedere una remunerazione da parte dei grandi operatori online. 

Il tema del contendere 

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Pro Link

I brevi paragrafi indicati dalle frecce sono il tema del contendere: veri e propri contenuti degni di essere remunerati secondo gli editori. Semplici suggerimenti, volti a invogliare l’utente a cliccare sul link (aprendo quindi sul sito della testata) secondo Google. Ecco lo stesso sistema in azione su una query pertinente all’Italia: 

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Le risultanze

Osserviamo l’ordine con cui Google ha fornito i risultati: favorito (messo come primo risultato) l’articolo più recente tra quelli ritenuti pertinenti (o di valore). Secondo visualizzato un titolo della nostra testata e ultimo quello del Corriere della Sera, nonostante questo sia più recente.

Indigesto ai grandi editori

Si può capire come ai grandi editori il sistema di ranking di Google possa risultare indigesto (nota metodologica: ricerche eseguite da un browser non collegato a Newslinet, su Google.fr e con computer connesso a un Internet Provider francese).  

Le cifre del deal 

L’agenzia di stampa Reuters, in una nota pubblicata il 12 febbraio, parla di un accordo di 76 milioni di dollari “che lascia molti editori infuriati”. 
Il dato è inferiore a quello che richiesto inizialmente dagli editori (150 milioni di dollari, pari al 10% del fatturato aggregato del settore della stampa “legacy” in Francia). I 150 milioni di dollari erano stati calcolati da E&YParthenon con uno studio commissionato dagli editori stessi.

Perdita di fatturato degli editori classici

Nello studio si stimava in oltre 250 milioni di euro (corrispondenti a circa 300 milioni di dollari) la perdita di fatturato per gli editori classici dovuta allo strapotere dei giganti del Web (non solo Google dunque, ma anche Facebook, il veicolo preferito dalle piattaforme di distribuzione di fake news) 

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La reazione di Google 

La prima reazione di Google è stata di rifiuto totale. Ribaltando il tavolo Google aveva affermato che il valore trasferito verso gli editori era di numerose volte superiore ai 150 milioni di dollari e nel verso opposto. La metodologia utilizzata da Google per sostenere le sue ragioni doveva essere più’ solida di quella di E&Y, in quanto gli editori hanno poi messo il loro studio da parte e cominciato la trattativa. 

L’accordo

Le parti sono arrivate infine a concordare su un valore approssimato di 30 milioni di dollari l’anno per tre anni (fonte: Inside Google’s Deal with the French Media” scritto dal ricercatore e professore di giornalismo Frederic Filloux), orientativamente la cifra indicata nell’articolo di Reuters: 22 milioni di dollari l’anno per un periodo di tre anni distribuiti tra le testate che avrebbero siglato accordi individuali, oltre a 10 milioni di dollari in cambio della rinuncia ad intentare cause contro Google nello stesso periodo. 

Termini confidenziali 

Va detto, come chiarisce Le Monde che i termini economici sono confidenziali; Il quotidiano afferma addirittura che “contattati dall’agenzia France Presse (AFP), Google e l’APIC si sono rifiutati di fornire dettagli in merito [agli importi, ndr]”.  Fatto notevole, se si considera che nell’azione intentata contro Google nel 2019 la AFP era parte in causa insieme all’APIC.

112 editori in cerca di compensi

La cifra di 30 milioni di dollari l’anno deve poi essere ripartita tra 112 editori; almeno un gruppo editoriale pare essersi portato avanti (chi primo arriva…) firmando l’accordo individuale. Altresì importante notare che Google non ha ceduto alla richiesta di pagare per i contenuti: ha invece centrato il deal su due suoi prodotti. 

Google News Showcase 

Gli editori si impegnano infatti ad utilizzare un futuro prodotto detto “Google News Showcase” sul quale avranno libertà di curare i contenuti (e l’ordine di visualizzazione di questi). Pare dovranno anche fornire un accesso parziale ai propri articoli attualmente a pagamento.  

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Google News Showcase. Disponibile inizialmente su Android, successivamente su iOS, e infine integrato in Google News/Search

 

Programma Subscribe with Google 

Gli editori si impegnano inoltre a vendere gli abbonamenti digitali tramite il programma “Subscribe With Google” (SwG), un programma accettabile per gli editori in quanto Google trattiene solo il 5% degli importi incassati dagli utenti.

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Programma Abbonarsi con Google

 

Non è invece di dominio pubblico la quantità e qualità di dati e metadati riguardati l’utenza condivisi da Google con gli editori (nell’accordo francese si parla genericamente di “some data”). 

I grandi editori

Frederic Filloux ha identificato alcuni aspetti economici dell’accordo Google-Le Monde. Si inizia con la creazione di una promozione che propone l’abbonamento al quotidiano online a 1 euro/mese per un periodo limitato (al posto dei consueti 9,99 euro/mese).

La differenza

La differenza (8,99 euro/mese) viene pagata a Le Monde direttamente da Google. Intervistati dallo stesso Filloux, altri grandi editori francesi hanno affermato di contare di portare a termine accordi simili entro breve. Filloux avanza l’ipotesi che a ciascuno dei grandi gruppi (Le Figaro, Le Monde, Le Parisien, Les Echo, etc.) andranno circa 5 milioni di euro l’anno.

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Gli altri editori

E i piccoli editori, quelli senza capacità diretta di trattare? Al loro fianco si è schierato direttamente Il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, facendo personalmente forti pressioni perché il programma venga esteso anche a loro. Pur conscio che la qualità di queste testate in Francia lascia spesso piuttosto a desiderare. (M.H.B. per NL)

 

 

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