Meno di una settimana fa abbiamo riportato la notizia, rimbalzata da oltreoceano, di un portale di informazione di una cittadina di provincia del Maryland che aveva deciso di farla finita con il sito web e trasferire tutta l’informazione su Facebook.
Si era trattato di un segnale importante, di una piccola rivoluzione, ma niente a che vedere con la vera rivoluzione nel campo della comunicazione che ha preso piede nel 2010 ed è stata resa nota in questi giorni grazie ai dati eMarketer. Nel 2010, negli Usa, si sono compiute due rivoluzioni parallele ma univoche, che riguardano un tema, però, ampiamente preventivato. Se, infatti, pare che l’umanità da qualche anno attenda la data del 12 dicembre 2012 come la possibile fine del mondo, da un bel decennio abbondante la stessa massa di persone attende il sorpasso del web sulla carta stampata. Con una differenza: che sulla profezia Maya vige molta diffidenza, sul declino dei giornali cartacei le scommesse hanno sempre pagato molto poco. Il momento doveva arrivare ed è arrivato, anche se i dati eMarketer vanno spiegati e contengono alcune criticità. Spieghiamoci. Secondo questi numeri, diffusi anche dal New York Times, nell’arco dell’anno appena trascorso, in tutti gli Stati Uniti d’America il numero dei fruitori d’informazione sul web ha soppiantato quello dei lettori dei giornali di carta. Nel corso delle interviste telefoniche portate avanti dal centro di statistiche, il 46% degli americani ha dichiarato di fruire almeno tre volte la settimana di notizie dal web, contro il 40% di chi ha detto lo stesso dei giornali. Si tratta di un segnale importante, che ci si attendeva sarebbe arrivato, ma il cui corso è stato accelerato dal dirompente (almeno negli Usa) successo dei tablet come l’iPad di Apple, dove è possibile fruire notizie in ogni attimo della giornata, come ad esempio durante gli spostamenti nei mezzi pubblici, momento preferito per sfogliare un giornale di tipo tradizionale. Altro fattore scatenante di questa rivoluzione è stata la crisi economica. Come giustamente scrive Claudio Leonardi sulla Stampa, infatti, c’è da tener conto anche di questo: in tempi in cui la gente preferisce risparmiare sulle spese superflue, il fatto di poter accedere allo stesso servizio a pagamento (comprando i giornali) o gratuitamente (consultandone i siti web) discrimina notevolmente a favore della seconda soluzione. Certo, però, che questi fattori potrebbero presto essere assorbiti dalla naturale evoluzione del mercato. È noto che alcuni grandi giornali hanno già sperimentato l’accesso “premium”, ossia a pagamento, alla propria informazione sul web, e molti altri, come il New York Times, ci stanno pensando su. Il secondo sorpasso del web sulla carta stampata, negli Usa, riguarda la raccolta pubblicitaria: siccome gli investitori vanno lì dove va il pubblico, questa è una logica conseguenza. Nel 2010 la pubblicità sul web ha generato un giro d’affari da 25,8 miliardi di dollari, scavalcando quello dei giornali cartacei. Va notato, però, che quasi la metà di questa cifra (il 48%) riguarda investimenti operati non su siti web d’informazione, bensì sul cosiddetto “search advertising”, vale a dire la pubblicità sulle ricerche online dei motori di ricerca, Google in testa. Facciamo ora un salto a casa nostra e compariamo i dati. In Italia il valore dell’intero blocco di mercato della pubblicità sul web ha toccato per la prima volta lo scorso anno quota 1 miliardo di dollari. Quella sulla stampa tradizionale rende ancora quasi il doppio di questa cifra, ma è in una caduta libera da cui sembra non si riprenderà più. Prospettive? Anche da noi i due mercati si avvicenderanno e quello del web sovrasterà il concorrente, ma molto molto lentamente. D’altronde, siamo in Italia. (G.M. per NL)