I numeri di Liberation restituiscono l’immagine di una testata attualmente in piena crisi: nei primi sei mesi del 2009, il giornale ha lasciato sul campo il 13% delle vendite con una tiratura di 112.500 copie. Cattive notizie anche sul fronte della raccolta pubblicitaria che flette di un ragguardevole 12% . Etienne Mugeotte – direttore di Le Figaro – punta, invece, sul cambiamento del formato – sarà berlinese – senza trascurare una sana riduzione dei contenuti generalisti (in merito si potrebbe arrivare addirittura ad una sforbiciata del 10%). Nei numeri del quotidiano della "gauche" si legge, inoltre, un serio rischio di cessazione della pubblicazione se non verranno recuperati almeno 20.000 lettori e non si escogiteranno efficaci introiti extra a sostegno del fatturato. A questo dovrebbero servire il nuovo inserto Next (costo un euro) e l’accesso online all’archivio dei numeri degli ultimi 15 anni (canoni da 6 a 12 euro al mese a seconda dei servizi richiesti). Inutile negare che anche Oltralpe la rete sta compromettendo il futuro delle pubblicazioni. I lettori internauti avanzano prepotentemente ed è sicuramente questa lapalissiana considerazione che induce Liberation, di fatto, a seguire le indicazioni fornite dal CEO di Google – Eric Schmidt – in occasione dell’ultima assise della Newspaper Association of America, la potente associazione degli editori statunitensi, secondo il quale una qualsiasi testata, per sopravvivere, deve adottare una politica tendente verso un modello di "business stratificato, che si sostenga attraverso una combinazione di contenuti gratuiti, sottoscrizioni e micro-pagamenti" (www.puntoinformatico.it, 09/04/2009), fermo restando che per tutti continuerà ad essere indispensabile il cash flow generato dalla raccolta pubblicitaria. Molto meno attento a questo genere di disquisizioni Mugeotte che, mantenendo la proverbiale aplomb del suo Le Figaro, riferisce di non considerare internet il carnefice dei giornali stampati "nei quali abbiamo una gerarchia di informazioni, una distinzione tra l’essenziale e l’accessorio" (www.ilsole24ore.com, 04/09/2009). Forte di questa sua convinzione, il direttore di uno dei più conosciuti quotidiani francesi, non accenna alcun progetto di rilancio editoriale che passi dalla rete, ritenendo sufficiente ed adeguatamente innovativa una messa a punto sul formato di Le Figaro ed un taglio sui contenuti. Nell’idea di questo giornalista, dunque, si scorge una strana ripugnanza verso la rete, soprattutto quando questa convoglia milioni di lettori abbarbicati sui motori di ricerca a caccia di notizie. A nostro parere, la sfida "nord contro sud" tra editori e webmaster non ha alcun senso. Se chi stampa giornali non si avvicinerà ad un compromesso con la rete, lavorando sodo affinché questo non snaturi il giornalismo né costringa il moderno lettore ad onerose rinunce, le tipografie è probabile che abbiano vita breve. Un ultimo dato: Newspaper Association of America e Nielsen Ondine, hanno rilevato in un loro studio che, nel giugno scorso, in USA (terra di precursori), il 36% della comunità on line (circa 70 milioni di visitatori), hanno consultato i siti web dei giornali con circa 3 miliardi di click. Vi sembrano numeri poco interessanti per l’advertiing? Probabilmente la consapevolezza di dover investire sull’informazione in rete è una circostanza che attualmente spaventa gli editori della carta stampata solo perché ancora non si è trovata la strada giusta per sfruttare proficuamente la spropositata potenzialità di internet. (Stefano Cionini per NL)