Le ha provate proprio tutte Arthur Sulzberger Jr., l’editore un po’ goffo ed erede da varie generazioni del New York Times. Ma presso la sede del giornale più popolare d’America è arrivato il tempo dei tagli. Negli ultimi nove mesi si è assistito al fallimento di molti gruppi editoriali americani tra cui quello del Tribune (editore di testate storiche come il Chicago Tribune, il Los Angeles Times, il Baltimore Sun, l’Orlando e il Sun Sentinel), che nello scorso dicembre, dopo 161 anni di successi, ha chiesto l’accesso alle procedure di bancarotta a fronte di debiti per 13 miliardi di dollari (circa 10 miliardi di euro). La crisi che ha colpito il settore della carta stampata non è solo conseguenza di quella economica generale, ma un vero e proprio crollo del settore che da anni deve “sopportare” il concorrente più temibile: il web. Eppure l’editore del New York Times ha tirato dritto per la sua strada, prendendo decisioni piuttosto sconcertanti per affrontare il crollo della raccolta pubblicitaria (-21,2% nel solo mese di novembre 2008). In effetti, invece di diversificare gli investimenti come hanno fatto altri editori, la prima decisione di Arthur Sulzberger è stata quella di chiedere un prestito al miliardario messicano, Carlos Slim, il re delle telecomunicazioni – che già possiede il 6,9% del gruppo – per una cifra che si aggira sui 250 milioni di dollari, con cui avrebbe fatto fronte a un debito di 400 milioni in scadenza a maggio di quest’anno. Il finanziamento di Mr. Slim non è stato però sufficiente, pertanto il New York Times avrebbe annunciato la vendita del grattacielo realizzato da Renzo Piano nel 2007 sull’Ottava Avenue (NY), costato ben mezzo miliardo di dollari. Arriveranno poi anche il taglio degli stipendi, nonché l’ipotesi di vendita del Boston Globe (appena acquistato ad un prezzo esorbitante). Ma saranno il crollo in borsa del titolo (da 45 dollari di qualche anno fa a neanche 4 dollari del mese scorso) e l’azzeramento dei dividendi per i componenti della famiglia, resosi necessario qualche settimana fa, a rendere ormai chiaro a tutti, Arthur Jr compreso, che l’unica strada per salvare il giornale è rinnovarlo con nuovi modelli di business. Diverse sono le soluzioni alle quali l’editore dovrà pensare attentamente: puntare su Internet, telefonini e su ciò che le tecnologie moderne hanno reso possibile per la divulgazione dell’informazione in tutto il mondo, oppure “trasformarsi” in Fondazione con il sostegno di privati o cercare di ottenere il sostegno pubblico. Unica vera preoccupazione per l’editore è l’avversario Rupert Murdoch, che da sempre mostra interesse per il New York Times. Ma la proprietà familiare del giornale ne ha sempre difeso l’autonomia e difficilmente si lascerà tentare dalle offerte del magnate australiano. (G.M. per NL)