La voce storica della gauche francese è a rischio estinzione. E non è la prima volta, dato il particolare regime amministrativo, che vede i giornalisti della redazione da sempre co-proprietari ed azionisti dell’azienda.
Il quotidiano parigino, fondato nel dicembre del 1944, è da anni preda di lotte intestine tra i sostenitori della necessità di ricorrere ad un nuovo regime amministrativo e chi, invece, non intende rinunciare alla libertà che consente loro d’essere sostanzialmente artefici del proprio destino. Il pomo della discordia è l’enorme debito accumulato dalla società che edita il giornale, che ammonterebbe a circa 100 milioni di euro. Come se non bastasse, entro la fine del prossimo anno si dovrà provvedere al pagamento di un debito protratto con la banca Bnp-Paribas pari a 25 milioni di euro; ed entro il 2014 si dovranno restituire ben 67 milioni in Ora, obbligazioni rimborsabili in azioni. Il gruppo, ad oggi, è controllato al 60% dalla holding Le Monde partner ed associati, di cui fanno pare anche i giornalisti, riuniti nella Società dei redattori e controllati dalla Società di sorveglianza. Il restante 40% delle azioni è così distribuito: 17,2% al Gruppo Lagardere; 15% alla spagnola Prisa che controlla El Paìs; il 3% a La Stampa e l’1,8% al Nouvel Observateur. Data l’enorme difficoltà economica, venerdì scorso il Consiglio di Sorveglianza si è riunito per discutere una ricapitalizzazione, necessaria per sopravvivere, ma che minerebbe l’indipendenza del quotidiano, portando ad una "diluizione degli azionisti storici", tra cui i giornalisti della redazione. Si tratterebbe di una "svolta epocale", come la definisce oggi la stampa francese. E intanto è già partito il toto-nomi: si parla di un impegno più consistente da parte di Prisa, da poco passata nelle mani di un fondo pensioni statunitense, ed anche del gruppo L’Espresso. La ricapitalizzazione, che dovrebbe avvenire, a meno di colpi di scena, entro giugno, è stata da più parti definita "inevitabile". (L.B. Per NL)