Il ramo editoriale di Lagardère fronteggia il momento di crisi puntando maggiormente sul digitale e riducendo le sedi fisiche ad una sola per tutte le attività; lo scopo è di aumentare l’efficienza per meglio affrontare i problemi di diffusione.
Continua la riorganizzazione interna al ramo editoriale del gruppo francese Lagardère. L’azienda, nata nel 1980 e che ha interessi in svariati campi (persino nell’industria aerospaziale), sta già da qualche tempo cercando di razionalizzare gli aspetti legati all’editoria. Il motivo, è da riscontrarsi nelle difficoltà che si trova a fronteggiare. Per fare qualche esempio, la radio Europe1 non contribuisce più ai ricavi del gruppo, faticando ad attirare nuovi ascoltatori, mentre il magazine Journal du Dimanche ha perso il 5% della sua diffusione. Uno dei punti cardine dell’editore francese negli ultimi anni, è stato quello di puntare maggiormente sul digitale invece che sui canali classici. Nel 2013, decisero di vendere diverse riviste nella loro versione cartacea limitandole al solo supporto digitale. Un cambio di direzione non da poco. Basti pensare che, nel 2008, Lagardère si univa al coro indignato degli editori francesi riuniti contro Google, definita “la causa di tutti i mali del settore” per via del suo “modello di business predatorio” e minacciando persino di rivolgersi a Bruxells per risolvere la questione. A ottobre di quest’anno, invece, Lagardère ha stretto un accordo con il colosso web di Mountain View finalizzato a promuovere maggiormente i suoi contenuti digitali attraverso i canali di Google. E mentre continuano ancora le trattative per vendere alcuni periodici come Télé 7 Jours, France Dimanche e Ici Paris, il gruppo di Arnaud Lagardère riorganizza anche le proprie sedi fisiche. Nello specifico, si ambisce al traguardo di avere, nel 2018, un unico immobile che ospiti contemporaneamente le radio (Europe1, Jdd e altre), il sito internet Sports.fr e i canali tv (Gulli, Canal J, TiJi, June e Mezzo). Il tutto facendo sì che ogni redazione mantenga la propria autonomia (quindi senza avviare un vero e proprio processo di fusione) ma riuscendo comunque a migliorare l’efficienza del ramo aziendale. L’idea non è nuova per Lagardère, dato che fu discussa anche nel 2008, e dovrebbe consentire di arginare le problematiche sopracitate. Il progetto, inoltre, è in linea con quanto sta avvenendo nel resto del mercato, almeno per quello che riguarda la Francia. Gli esempi simili infatti abbondano e, per citarne uno, Patrick Drahi ha fatto lo stesso con il quotidiano Libération, il magazine l’Express e l’operatore telefonico Numericable Sfr. La stessa operazione si può riscontrare per alcuni editori statunitensi: è il caso recente del Washington Post, che abbandona la sua sede storica (quella dove fu rivelato lo scandalo Watergate) in favore di una nuova meglio attrezzata per l’attività in digitale. Sembra insomma un trend abbastanza diffuso, che probabilmente arriverà, prima o poi, anche in Italia, al netto ovviamente del tipico ritardo del nostro paese nel leggere le tendenze globali. (E.V. per NL)