Dopo anni si ritorna a parlare del cosiddetto “immersive journalism” e del suo potenziale valore nel passaggio dalla carta al digitale.
Il giornalismo immersivo utilizza le tecnologie di realtà virtuale per rappresentare o comunicare una notizia, trasportando l’utente stesso all’interno dell’evento raccontato.
L’esperienza sensoriale al primo posto
Per usare le parole di Nonny de la Peña – giornalista americana e “madrina della realtà virtuale” – si tratta di una tecnica narrativa che coinvolge la tecnologia, ma che pone soprattutto l’attenzione sul concetto di “senso di presenza”, cioè la sensazione di trovarsi realmente sul luogo della notizia.
E’ proprio l’esperienza sensoriale l’elemento di innovazione del giornalismo immersivo, che si differenzia così da quello tradizionale, caratterizzato invece da una fruizione pressoché passiva.
Rivivere l’allunaggio
L’utilizzo di questo tipo di tecnologie nel giornalismo non è ancora realmente decollato, ma tutti i maggiori brand media hanno già condotto esperimenti in questa direzione, come il Guardian o la CNN.
Il New York Times presenta proprio una sezione, denominata “Immersive”, nella quale si possono osservare le immagini in computer grafica. Inoltre – leggendo dall’app – è possibile attivare la realtà aumentata e rivivere di persona, ad esempio, lo sbarco sulla luna, osservando il paesaggio, ricostruito grazie alle foto degli astronauti.
Giornalismo ed editoria in Italia mostrano ancora troppe incertezze
ETT S.p.A. è una società italiana che realizza contenuti immersivi per brand, retail, musei e monumenti e tra i loro lavori più importanti troviamo la visita immersiva all’Ara Pacis, le guide per i musei di Roma, l’app in realtà aumentata per il Cenacolo e infine il tour virtuale per il museo Casa di Dante di Firenze.
In Italia, però, risulta più difficile rispetto ad altri paesi comprendere le potenzialità di queste tecnologie nel giornalismo e nell’editoria, che vivono – quindi – una situazione di incertezza, determinata probabilmente anche da una questione economica.
Adele Magnelli – International project manager di ETT – ha, però, chiarito che l’investimento per il passaggio a un giornalismo immersivo è sovrastimato.
“I vincoli sono più immaginari che reali”
Infatti, per le già molte testate – che creano video per la parte digital – basterebbe la ripresa a 360° dell’evento giornalistico e un semplice aggiornamento della propria app affinché l’utente possa “leggere” la notizia, vivendo un’esperienza emotivamente molto forte.
Il consiglio della project manager di ETT è, comunque, quello di procedere per gradi, partendo da “I visori più semplici da utilizzare con gli smartphone, i cardboard, costano poco, si possono personalizzare e regalare ai lettori e non serve nemmeno un app specifica. [..] A volte c’è scarsa consapevolezza o paura dei costi, ma i vincoli sono più immaginari che reali”. (N.S. per NL)