Il direttore della Gazzetta del Mezzogiorno Giuseppe De Tomaso ha definito “un colpo micidiale, forse mortale al mondo dei giornali” il progetto renziano di far pubblicare solo su internet gli annunci di gare d’appalto e aste giudiziarie da parte di enti pubblici e tribunali.
Botta e risposta infuocato sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno, tra De Tomaso e il sottosegretario all’editoria Luca Lotti: il governo lancia la sfida all’innovazione, sostenendo che “sarebbe sbagliato difendere e conservare norme settoriali anacronistiche solo perché rappresentano una forma indiretta di sostegno all’editoria. La sfida consiste nell’innovazione, non nell’assistenza”. Il direttore controbatte spiegando come la sua Gazzetta abbia già raccolto la sfida dell’innovazione, in quanto testata indipendente che non percepisce i contributi pubblici previsti dalla legge 250/90. Ma proprio per questa ragione, appare incomprensibile il varo di una misura che andrebbe a colpire chi si regge sulle proprie gambe e in aggiunta in un momento di crisi così delicato: il provvedimento dell’esecutivo risulta – agli occhi di De Tomaso – voler sottrarre volutamente quelle risorse necessarie ai progetti di riorganizzazione e ammodernamento. Nell’articolo del 23 aprile pubblicato sul quotidiano, il direttore ha inoltre sottolineato il fatto che il progetto annunciato non sia il frutto di una reale esigenza di mercato, dato che a oggi solo l’1% degli interessati alle gare e alle aste si informa sul web, ma piuttosto si tratti di un “editto”: “potrebbe darsi che tra vent’anni il tipo di informazione legato a gare d’appalto e aste giudiziarie si trasferirà prevalentemente su internet o su altri strumenti comunicativi, ma dovrà essere il mercato a stabilirlo, non un principe o un principino a caccia di risorse pubbliche”. È indubbio che i giornali stiano vivendo un momento assai difficile e l’iniziativa governativa potrebbe farli sprofondare ulteriormente, costringendo lo Stato a “sborsare fior di milioni a sostegno di nuovi disoccupati e cassintegrati nell’editoria”. De Tomaso ha spinto la mano sottolineando come “in materia di gare d’appalto e di aste giudiziarie non si capisce come queste norme settoriali possano rappresentare una forma indiretta di sostegno all’editoria. Se così fosse la pubblicazione di questo tipo di annunci sarebbe una pratica sconosciuta all’estero dove non ci sono aiuti in ambito editoriale. Invece la pubblicazione non è altro che informazione di servizio. Certo porta denaro nei bilanci dei giornali, ma i soldi provenienti da appalti e gare non sono un regalo, ma bensì il pagamento di un servizio. Togliere queste risorse ai giornali in cambio di aiuti pubblici sarebbe come togliere una commessa a un’azienda con la prospettiva o la promessa che poi arriverà la cassa integrazione”. Parole dure quelle del direttore barese, che paiono voler creare una netta linea di demarcazione tra il mondo editoriale e quello del web, quasi stabilendo una gerarchia di autorevolezza: “internet è una grande invenzione, ma internet sta all’informazione come una pornostar sta alla verginità. Internet è una cloaca, una discarica, uno sfogatoio di umori e sentimenti in nome di quella democrazia diretta che costituisce l’anticamera del totalitarismo”. Forse la vera sfida consisterebbe nella collaborazione tra la carta stampata e il mondo dell’informazione digitale, con l’obiettivo di elaborare strumenti di ricerca e pubblicazione che rendano più facile per gli imprenditori informarsi e partecipare ad ogni genere di procedura di evidenza pubblica. (V.R. per NL)