Il più antico quotidiano francese tuttora pubblicato non ha mai goduto di buonissima salute: a soli cinque anni dalla sua fondazione, nel lontano 1826, le pubblicazioni vennero sospese la prima volta, per proseguire con ripetuti rilanci, tra non poche difficoltà. Le ultime, di natura strettamente economica, hanno fatto registrare una perdita di dieci milioni e mezzo di euro nel 2007, con introiti pubblicitari al di sotto di cinque milioni di euro rispetto alle previsioni. Il gruppo, controllato dal 2004 da Serge Dassault, resta in attivo solo grazie ai settimanali come Le Figaro Magazine, Madame Figaro, Tv magazine. Con l’intento di porre rimedio alla crisi dello storico giornale conservatore francese, un consiglio di amministrazione straordinario, tenutosi nella giornata di ieri, ha deciso di tagliare i costi di dodici milioni di euro, di cui circa sette milioni verranno risparmiati grazie agli esodi volontari e incentivati. Si prevede che questi riguarderanno circa il 10% degli attuali dipendenti: su seicento di questi, dovrebbero lasciare il giornale tra i sessanta e gli ottanta, tra personale amministrativo e giornalistico. Per avere altri elementi del piano anti-crisi del quotidiano occorrerà aspettare il dodici febbraio, data in cui è stato fissato un ulteriore consiglio di amministrazione straordinario. Per il sindacato unico dei giornalisti francesi, il Sgi-Fo, sono diverse le criticità del riassetto previsto, che coinvolgerebbe molte redazioni, ma non quella politica ed economica, e che userebbe criteri discriminatori come quelli anagrafici e di anzianità aziendale, per selezionare il personale al quale proporre l’esodo. Quanto alle ragioni della crisi economica del conservatore Le Figaro, spesso considerato il ‘giornale dell’’Académie française’, per il grande numero di ‘immortali’ che vi hanno scritto (Emile Zola e Macerl Proust, solo per citarne alcuni), ci piace ricordare alcune considerazioni di Marcello Foa, apparse su Il corriere del Ticino, qualche tempo fa, relative all’acuta e generalizzata crisi dei giornali francesi, tra i quali anche Le Monde e Libération. «I quotidiani pagano il prezzo della loro superbia intellettuale. Per anni sono andati avanti nella presunzione che la gente avrebbe continuato a comprarli perché Le Figaro è Le Figaro» – secondo Foa. Certo, gravi difficoltà sono intervenute con la presenza di Internet e, soprattutto, della free press, ma, nell’analisi di Foa, i quotidiani francesi non hanno mai profondamente rinnovato la propria formula giornalistica, accontentandosi di mere ‘operazioni cosmetiche’. (Mara Clemente per NL)