Passa quindi l’ennesima nottata, ma siamo ben lontani dall’assistere ad una riforma organica della legislazione in materia.
Decreto mille proroghe o maxi emendamento. Il nome fa di per se paura. E se, come diceva McLuhan, il mezzo è il messaggio, già ci sarebbe da preoccuparsi. Il mille proroghe è un super decretone che serve, ogni anno, a rifinanziare tutta una serie di fondi e disposizioni che sono in qualche modo in scadenza. Come spesso accade, se in origine la cosa aveva una sua razionalità, la prassi parlamentare l’ha trasformata in una abominevole degenerazione. Il mille proroghe contiene di tutto e di più e spesso diventa un mezzo, neanche troppo controllato, che, in tempi di ristrettezze finanziarie, permette ai singoli parlamentari di dare sfogo ai loro appetiti, dando il via ad una sorta di assalto alla diligenza. Il maxi-emendamento serve anche, ogni tanto, a permettere al Governo di “metterci una toppa”, nel caso ci siano da far passare norme o disposizioni che non si erano riuscite ad inserire in finanziaria. Ecco dunque perché, nel decreto che è stato votato due giorni fa in Senato, ci si trova, accanto agli aiuti alla Fiat, anche una norma sull’editoria, che rifinanzia anche per il 2009 il fondo di sostegno a questo comparto sempre più in sofferenza. C’è poco da stare allegri però, visto che la proroga, se da un lato ridà un po’ di fiato agli editori in affanno (quasi tutti del resto), dall’altro non fa altro che cristallizzare problematiche ben note agli addetti ai lavori (come le differenze tra grandi gruppi editoriali e cooperative di giornalisti) senza andare nella direzione di una riforma organica della legislazione in materia. Non sussistono dunque “diritti” acquisiti per gli editori, ma tutto rimane alla mercè della volontà del governo di turno. Cosa che, come è facile intendere, non è certamente né equa né razionale. (Davide Agazzi per NL)