«Presenteremo uno specifico emendamento al ‘milleproroghè per rendere chiara ed impegnativa l’indicazione dell’ultima manovra economica in merito al sostegno dell’editoria. Lì fu inserito il capitolo nel Fondo ‘Lettà senza definire tempi e quantità».
È quanto annunciano il portavoce di Articolo 21 Giuseppe Giulietti e il senatore Pd Vincenzo Vita. «È ciò che si chiede nell’emendamento: 90 milioni di euro. Per evitare la chiusura di tantissime testate, a cominciare da Liberazione – continuano Giulietti e Vita in una nota – cui esprimiamo massima e fattiva solidarietà. Inoltre, ci auguriamo che l’inserimento nel Fondo per l’editoria della convenzione con Radio Radicale sia stato corretto. È giusto e importante rifinanziare la convenzione, ma su altri capitoli di spesa. Infine, intendiamo ringraziare per l’alto senso di responsabilità le organizzazioni sindacali degli edicolanti, che hanno sospeso lo sciopero dopo le prime assicurazioni del governo di aprire un confronto. Ci auguriamo – concludono i due parlamentari – che si passi ai fatti». "Il ripristino dei fondi a Radio Radicale non sia a scapito degli obblighi verso la carta stampata, il cui fondo è stato ingiustamente impoverito mentre é indispensabile che sia al più presto ripristinato", avverte invece il segretario della Fnsi Franco Siddi. "Se esiste un problema di recupero di Radio Radicale – continua Siddi – non può passare su una legislazione destinata al sostegno della carta stampata già oltremodo mortificata e con oggi molte testate a rischio moria e centinaia di posti di lavoro in bilico. Non si può applicare il principio ‘vita tua mors mea’". "Forse – aggiunge Siddi – è il caso di fare una adeguata e soprattutto equilibrata rivisitazione della spesa perché mancano ancora soldi ad esempio per la Rai all’estero con la comunità degli italiani nel mondo ingiustamente punita, considerando che questo è servizio pubblico. Si trovino per Radio Radicale vie giuste, come si sono sempre trovate, e non improprie". Alla controversa vicenda di Radio Radicale (sulla quale ci eravamo spesi in un lungo articolo esattamente un anno fa) ha dedicato spazio anche il Fatto Quotidiano, in un pezzo a firma di Stefano Caselli. “No, non siamo affatto contenti. L’idea di passare per quelli che tolgono il pane ai colleghi della carta stampata non ci piace affatto", riferisce il quotidiano riportando l’imbarazzata dichiarazione di Paolo Martini, direttore di Radio Radicale. "Come da tradizione ormai quasi ventennale, lo Stato italiano ha deciso di rinnovare la convenzione con la storica emittente romana per il servizio di copertura dei lavori parlamentari, stanziando 7 milioni di euro per il 2012, ma le modalità scontentano tutti – ricorda il Fatto riportando alla luce una questione annosa – La bozza del decreto Milleproroghe, infatti, dirotta il contributo a favore di Radio Radicale dal ministero dello Sviluppo economico (ex ministero delle Comunicazioni) a una "riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dalla legge 416 sull’editoria", ossia il già falcidiato fondo di Palazzo Chigi per la carta stampata che, causa Radio Radicale, subirà un ulteriore taglio" – continua Caselli – Una scelta che il manifesto e l’Unità, due tra le molte testate in difficoltà per il taglio dei contributi all’editoria, non mancano di stigmatizzare: "Un decreto molto radicale", titola il manifesto sotto l’eloquente testatina "il pacco è per noi": "La radio di Pannella – si legge sul quotidiano comunista – al fondo editoria già attinge in quanto organo di partito per le trasmissioni non in convenzione. Due vesti, un unico fondo. Una condizione assolutamente unica nel già disomogeneo mondo dell’informazione italiana". Del resto, sottolinea il quotidiano, L’Unità ha definito il Milleproroghe "un bel regalo di Natale per Radio Radicale". "Un regalo non richiesto – ribatte Martini – anche perché destinare 7 milioni dal fondo per l’editoria significa vedere i soldi con molti mesi di ritardo. Il Milleproroghe sa tanto di tappabuchi. Visto che la nostra convenzione è scaduta a novembre, il governo ha pensato di risolvere la questione distraendo una cifra inferiore a quella richiesta dal fondo per l’editoria, il che significa ricevere il finanziamento con molto ritardo. In questi giorni, per esempio, Palazzo Chigi sta pagando i rimborsi del 2010. Francamente da un esecutivo tecnico ci saremmo aspettati meno ambiguità e più trasparenza, invece ci sembra che sia stata semplicemente tappata una falla, garantendo un finanziamento che non si sa se e quando potrà essere erogato. In pratica si è lasciata la decisione definitiva a chi verrà dopo. E ci hanno messo in imbarazzo con i colleghi della carta stampata". Radio Radicale, riconosce il Fatto, fornisce un servizio unico nel panorama italiano. "Tuttavia l’interrogativo sul perché mai, in tempi di crisi, il rinnovo della convenzione sia puntuale come il Natale, rimane", osserva Stefano Caselli. "Non lo consideriamo affatto un diritto acquisito – gli risponde Martini – non vogliamo l’esclusiva per i servizi parlamentari. Se allo Stato interessa il servizio, noi siamo in grado di fornirlo. Abbiamo cominciato nel 1979 rubando il segnale della Camera, poi abbiamo chiesto che fosse bandita una gara. Bene, nel 1994, quando è stata indetta, siamo stati gli unici a presentarci". "Ma per il servizio pubblico non esiste già la Rai?", chiede il quotidiano a Martini. "Certo – risponde il direttore di Radio Radicale – c’è Gr Parlamento, ma costa molto di più per 12 ore di trasmissione al giorno contro 24. In più noi abbiamo un archivio on line che, senza falsa modestia, non ha eguali. Ripeto, se allo Stato interessa il nostro servizio, noi siamo in grado di fornirlo. Altrimenti ne possiamo fare a meno". (M.L. per NL)