Ci scrive il sindacato Fasipress (Federazione Autonoma Stampa Italiana): "L’applicazione del nuovo CNLG ai giornali locali può mettere a rischio la sopravvivenza delle imprese e, con esse, dei posti di lavoro.
Il contratto è stato elaborato a misura dei grandi giornali e della grande emittenza radio-televisiva. Le piccole e medie testate sono ben altra cosa e hanno diritto a particolari attenzioni. Il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti, firmato da Fnsi e Fieg e accettato nel referendum da 1955 colleghi (hanno votato in 3329 sui 34.115 aventi diritto), rischia di complicare la vita alle aziende editoriali dei periodici locali. Di aggiungere problemi a problemi. Con il risultato di compromettere anche i posti di lavoro di tanti colleghi. L’art. 1 è chiaro quando precisa che l’accordo“… regola il rapporto di lavoro fra gli editori di quotidiani, di periodici, le agenzie di informazioni quotidiane per la stampa, anche elettronici, l’emittenza radiotelevisiva privata di ambito nazionale e gli uffici stampa comunque collegati ad aziende editoriali, ed i giornalisti che prestano attività giornalistica quotidiana con carattere di continuità e con vincolo di dipendenza anche se svolgono all’estero la loro attività”. E, se non bastasse, aggiunge, nella Dichiarazione a verbale: “La Federazione Nazionale della Stampa per quanto la concerne ed in base ai mandati ricevuti dichiara che le norme del contratto nazionale di lavoro giornalistico costituiscono, nel loro complesso, il trattamento economico e normativo minimo inderogabile per ogni prestazione di lavoro giornalistico subordinato; esse, pertanto, si applicano ai giornalisti che prestino attività subordinata nei quotidiani, nei periodici, nelle agenzie di stampa, nelle emittenti radiotelevisive e negli uffici stampa di qualsiasi azienda”. Noi non la pensiamo così. L’editoria locale è un patrimonio imprenditoriale e occupazionale che va difeso. Occorre proteggerlo ancora di più oggi, in un momento di grave crisi economica. Su questa esigenza, a parole, quasi tutti sono d’accordo. Nei fatti, lo sono un po’ meno. L’applicabilità del contratto nazionale di lavoro giornalistico è un esempio concreto. L’accordo ratificato da Fnsi e Fieg, a nostro parere, non tiene sufficientemente conto delle diverse realtà in cui si trovano le testate locali rispetto ai grandi editori. Delle dimensioni (e quindi del loro diverso potere economico). Delle differenti potenzialità economiche. Degli strumenti “protettivi” di cui dispongono. Ambedue – questo deve essere ben chiaro – vanno difesi. Ma in modo diverso. Non solo sostenendo – giustamente – l’adozione di provvedimenti governativi di aiuto. Va fatto anche con accordi sindacali contrattuali “modulati”. Contratti che tengano conto delle professionalità dei colleghi, dei loro sacrosanti diritti di lavoratori. E questo non può, non deve, essere messo in pericolo né in discussione".
Il contratto è stato elaborato a misura dei grandi giornali e della grande emittenza radio-televisiva. Le piccole e medie testate sono ben altra cosa e hanno diritto a particolari attenzioni. Il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti, firmato da Fnsi e Fieg e accettato nel referendum da 1955 colleghi (hanno votato in 3329 sui 34.115 aventi diritto), rischia di complicare la vita alle aziende editoriali dei periodici locali. Di aggiungere problemi a problemi. Con il risultato di compromettere anche i posti di lavoro di tanti colleghi. L’art. 1 è chiaro quando precisa che l’accordo“… regola il rapporto di lavoro fra gli editori di quotidiani, di periodici, le agenzie di informazioni quotidiane per la stampa, anche elettronici, l’emittenza radiotelevisiva privata di ambito nazionale e gli uffici stampa comunque collegati ad aziende editoriali, ed i giornalisti che prestano attività giornalistica quotidiana con carattere di continuità e con vincolo di dipendenza anche se svolgono all’estero la loro attività”. E, se non bastasse, aggiunge, nella Dichiarazione a verbale: “La Federazione Nazionale della Stampa per quanto la concerne ed in base ai mandati ricevuti dichiara che le norme del contratto nazionale di lavoro giornalistico costituiscono, nel loro complesso, il trattamento economico e normativo minimo inderogabile per ogni prestazione di lavoro giornalistico subordinato; esse, pertanto, si applicano ai giornalisti che prestino attività subordinata nei quotidiani, nei periodici, nelle agenzie di stampa, nelle emittenti radiotelevisive e negli uffici stampa di qualsiasi azienda”. Noi non la pensiamo così. L’editoria locale è un patrimonio imprenditoriale e occupazionale che va difeso. Occorre proteggerlo ancora di più oggi, in un momento di grave crisi economica. Su questa esigenza, a parole, quasi tutti sono d’accordo. Nei fatti, lo sono un po’ meno. L’applicabilità del contratto nazionale di lavoro giornalistico è un esempio concreto. L’accordo ratificato da Fnsi e Fieg, a nostro parere, non tiene sufficientemente conto delle diverse realtà in cui si trovano le testate locali rispetto ai grandi editori. Delle dimensioni (e quindi del loro diverso potere economico). Delle differenti potenzialità economiche. Degli strumenti “protettivi” di cui dispongono. Ambedue – questo deve essere ben chiaro – vanno difesi. Ma in modo diverso. Non solo sostenendo – giustamente – l’adozione di provvedimenti governativi di aiuto. Va fatto anche con accordi sindacali contrattuali “modulati”. Contratti che tengano conto delle professionalità dei colleghi, dei loro sacrosanti diritti di lavoratori. E questo non può, non deve, essere messo in pericolo né in discussione".